Emmanuel - The broken diary - Quinta e ultima stagione - Fifth and Final Season

3.1. Tabula rasa (Mi riprenderò Antonia)

Antonia Del Monaco Season 3 Episode 1

Ha inizio la terza parte della storia di Emmanuel, quella più delicata e cruciale. 
Reduce da un'esperienza tanto intensa quanto devastante con Michelle K., che lo ha iniziato alla droga, il ragazzo si ritrova con la salute gravemente compromessa. 
Nel periodo della sua malattia e della sua convalescenza avrà modo di riflettere seriamente sulla sua situazione e di prendere delle importanti decisioni per il suo futuro. 
Intanto il fratello maggiore Michele è sempre più preoccupato per lui. 
Gli interpreti sono Paolo Malgioglio e Elisa Gandolfi. 
La colonna sonora è costituita da cover strumentali di "Heroin" di Lana del Rey. 

... 

The third part of Emmanuel's story begins: it's the most delicate and crucial one.
Fresh from an experience as intense as it was devastating with Michelle K., who introduced him to drugs, the boy finds his health seriously compromised.
During the period of his illness and his convalescence, he has the opportunity to seriously reflect on his situation and make important decisions for his future.
Meanwhile, his older brother Michele is increasingly worried about him.
The interpreters are Paolo Malgioglio and Elisa Gandolfi.
The soundtrack consists of instrumental covers of Lana del Rey's "Heroin".



Le patate sono molto buone col lardo, l'olio dell'insalata non era rancido. L'olio del droghiere all'angolo è di qualità assai migliore dell'olio del droghiere di fronte, ed è persino migliore dell'olio del droghiere ai piedi della salita. Non voglio dire però che l'olio di costoro sia cattivo. Ad ogni modo l'olio del droghiere all'angolo resta il migliore.

I sintomi sono vari e di non sempre facile individuazione; addirittura l’ammalato potrebbe non presentare alcun sintomo evidente, pur essendo in grado di trasmettere la malattia.

L’esordio dell’infezione può essere a volte segnalato da: alterazione della colorazione cutanea, quale l’ittero (colorazione giallastra della cute e della mucosa, dovuta ad un aumento della bilirubina nel sangue oltre valori di 3mg/100ml); affaticamento; febbre; prurito ed eventuali piccole ferite dovute al grattarsi; nausea e vomito; dolore proiettato all’ipocondrio destro (sede di proiezione del fegato) ed eventualmente alla spalla destra; feci chiare; urine color marsala. Sempre presente è invece l’innalzamento delle transaminasi e della bilirubina.

L’infezione può evolvere in quattro esiti diversi, a seconda delle condizioni immunitarie del paziente:

1. Decorso acuto con completo recupero e acquisizione della immunità dall’infezione (89% dei casi);

2. epatite fulminante con mortalità del 90%: può richiedere il trapianto di fegato (1% dei casi);

3. infezione cronica, ossia persistenza del virus nell’organismo con danno epatico (5-10% dei casi); in questo caso la malattia ha un andamento cronico e può compromettere la funzionalità epatica nel giro di 10-30 anni con l’insorgenza di cirrosi epatica o di carcinoma epatocellulare primitivo (di solito dopo che è già presente la cirrosi);

4. stato di portatore inattivo (5% dei casi): il virus persiste nel fegato ma non provoca danno epatico; può rimanere in questo stato anche tutta la vita, senza arrecare danni nemmeno a lungo termine. È anche poco contagioso per gli altri.

 

La signora Parker conosce un droghiere rumeno, chiamato Popesco Rosenfeld, che è appena arrivato da Costantinopoli. È un grande specialista di yogurt. È diplomato alla scuola dei fabbricanti di yogurt di Adrianopoli.

 

La serra è satura di vapore, l'aria irrespirabile. L'orchidea carnivora ha bisogno di essere bagnata: mi avvicino con l'innaffiatoio, uno scarafaggio si arrampica lungo la foglia, la pianta apre le fauci frastagliate color porpora orlate da piccoli denti bianchi e le richiude di scatto. Mentre la innaffio i suoi tentacoli si allungano a vista d'occhio, mi si avvitano intorno al braccio, il fiore spalanca la bocca e mi azzanna il fianco destro. Cerco con tutte le mie energie di aprire le mascelle vegetali, ma i miei gesti sono rallentati da una forza misteriosa: nello sforzo di liberarmi sbatto la tempia contro una trave. Sento una fitta terribile, tiro con tutte le mie forze, spalanco gli occhi ansimando.

C'è penombra, le persiane sono chiuse. Respiro un'afa mortale, il dolore al fianco e alla testa non è passato. Lei mi tiene la mano. 

Richiudo gli occhi e torno nella serra.

 

- Andiamo  male.  In  tutti i campi  è  la  stessa storia.  Il  commercio,  l'agricoltura,  proprio come  il fuoco, quest'anno... non si riesce  ad ingranare. 

- Niente grano, niente fuoco. 

- Neppure inondazioni. 

 

- Mamma, siediti. Dobbiamo parlare.

- Michele, scusami, devo uscire per delle compere ed è già tardi. Faccio un salto da Bianco e Marzano, spero che possano consigliarmi un prodotto per ravvivare il legno, e intanto mi procuro dei colori per dipingere la ceramica: ho comprato un bellissimo vaso e voglio ricavarne un paralume. 

- Sì, lo so che sei bravissima a dipingere la ceramica. Ti accompagno io in macchina, abbiamo tutto il tempo. Siediti un attimo, per favore. 

- Giusto dieci minuti, eh. Bisogna proprio che d'ora in avanti i prodotti per la pulizia dei mobili li scelga io: ieri Teresa ha rovinato la credenza di mogano pulendola con lo spruzzatore per i vetri. Che idiozia: un prodotto a base di ammoniaca sul legno! Quella donna ogni tanto non ha testa; ultimamente poi mi sembra stordita.

- Credo che sia preoccupata per Emmanuel. 

- Tuo fratello mi ha fatta spaventare a morte, sai? Grazie al cielo ora sta meglio.

- Già. È proprio di questo che volevo parlarti. Papà ha i suoi problemi di lavoro e preferisco lasciarlo in pace, ma noi due dobbiamo affrontare seriamente la situazione.

- Che situazione?

- Hai visto i risultati delle analisi? Epatite B.

- Ho visto. Il dottore però l'ha trovato meglio: ha una fibra forte e con le giuste cure guarirà perfettamente. Sta già guarendo.

- Per fortuna. Il punto però è un altro: dove l'ha presa e come?

- Chi lo sa. Può averla presa anche dal dentista.

- Ma c'è dello zucchero. 

- Sì vabbè. Ma non lo vedi che è confuso, fuori di testa? 

- Michele, santo cielo, ha la febbre a trentanove! È normale che sia confuso. Anche tu eri confuso quando avevi la scarlattina.

- A parte il fatto che io avevo otto anni, e non diciotto, lui è confuso anche quando sta bene: a scuola ha di nuovo quattro materie sotto.

- La scuola adesso non importa: l'importante è che lui stia bene.

- Certo che l'importante è che lui stia bene: il punto è che non sta bene.

- Non capisco dove vuoi arrivare.

- Mamma, ragiona: gli stai dando un sacco di soldi. Anzi, scusa se te lo dico, troppi per un ragazzo della sua età. Non ti chiedi che fine fanno?

- Esce con la figlia di Kerschbaumer, non voglio farlo sfigurare.

- Perché lo fanno venire dall'estero. 

- Per  gli incendi sarebbe più  difficile. Troppe tasse.

- E allora? Spende soldi per fare bella figura con lei? O cosa?

- Perché, cosa ci troveresti di strano se volesse farle dei regali?

- Emmanuel non è tipo da regali costosi, lo sai meglio di me.

- Non pretenderai che il ristorante glielo paghi lei.

- Alla loro età non si va al ristorante, se mai al pub.

- Si vede che non la conosci: è più grande di lui e non certo è tipo da pub.

- Giusto, che stupido, come ho fatto a non pensarci? L'epatite virale se la sarà presa al Cambio o al Gatto Nero.

- Il fatto che non sia probabile non vuol dire che non possa essere successo.

- Quella ragazza ha qualcosa di ambiguo: non mi stupirei se frequentasse giri strani.

- Non essere assurdo, Michele.

- Assurdo io? 

- Stai parlando di una delle famiglie più in vista di Torino.

- Oh, certo, questa è una garanzia.

- Tuo padre e il suo sono amici di vecchia data: pensi che papà potrebbe essere amico di un personaggio poco raccomandabile?

- D'accordo mamma, chiudiamola qui: ho capito perfettamente il tuo punto di vista. D'ora in poi la situazione la prendo in mano io: lo tengo d'occhio e se continua a fare cazzate lo faccio ricoverare nella clinica privata del padre di Maurizio. 

- Quali cazzate?

- Lascia stare, non importa. Ci penso io. Sono già d'accordo con Maurizio, gli faccio fare un check up completo.

- Non riesci propri a pensare positivo, vero, Michele? Mi fa piacere che ti preoccupi per tuo fratello, sei sempre stato un bravo ragazzo e ti voglio bene per questo, ma non devi preoccuparti: è già in via di guarigione, nel giro di una settimana sarà in piedi.

- Va bene, dai. Mettiti il soprabito, fa freddo. Ti accompagno al negozio.

 

- E' un bravo medico. Si può aver fiducia in lui. Non ordina mai dei rimedi senza averli prima sperimentati su di sé. Prima di far operare Parker, ha voluto farsi operare lui al fegato, pur non essendo assolutamente malato.

- Come si spiega allora che il dottore se l'è cavata, mentre Parker è morto? 

 

La fitta allo stomaco era il preludio di un malanno piuttosto serio, dottore. Sono rimasto a letto per quasi due settimane, tormentato da un'epatite che i medici, non riuscendo a comprenderne l'origine, hanno finito per attribuire al virus HBV; il che era vero, ma, per dirla con Tucidide, non era la causa verissima. 

Violenti crampi allo stomaco, coliche intestinali, vomito, febbre intermittente, incubi confusi a colori infrarossi hanno stremato per giorni le mie membra e il mio cervello; ascoltavo in silenzio la sofferenza immerso in un sudore gelido, senza poter spiegare a nessuno che non era né solo né principalmente la malattia a tormentarmi.

Non si può sapere, prima di averlo provato, quanto sia facile cadere e quanto difficile risalire. Lo so che è banale, ma per chi lo sperimenta è sempre la prima volta: non serve saperlo dai libri, altrimenti basterebbe leggere Dante per sapere già tutto. Be', non funziona così: nella crescita spirituale ognuno parte sempre da zero, non è possibile salire sulle spalle dei giganti e andare oltre come succede nella matematica o nella scienza. Un bambino prodigio può permettersi di partire da Einstein e superarlo, ma nessuno potrà mai permettersi di partire da Socrate, Gesù o Buddha per andare oltre: resteranno sempre un punto di arrivo, un traguardo impossibile da raggiungere. È per questo che il catechismo non serve: la mette su un piano meccanico, come se per essere uomini bastasse seguire delle regole.

Quella lunga parentesi di immobilità mi ha consentito di riflettere su molte cose, per esempio sul fatto che il progresso scientifico, senza quello morale, produce dei mostri. Il progresso tecnologico ci ha fatti regredire, mentalmente e moralmente, ad un livello simile a quello dell'infanzia: nessuno degli adulti che conosco, me compreso, è veramente adulto; come ho già detto da qualche parte, siamo tutti bambini che giocano a fare gli adulti, destinati a crollare sotto il peso delle prime difficoltà serie. Su persone così non si può contare, ti tradiranno inevitabilmente, non tanto per cattiveria, quanto per incapacità di capire le conseguenze del loro comportamento. A differenza di Giuda, queste persone non provano neppure rimorso. Individui del genere non sono in grado di proteggere nessuno: rabbrividisco al pensiero di quanto male questi finti adulti possano fare ai bambini, pur essendo convinti di voler loro bene. Antonia ne è la prova più evidente, ma anche mia madre non scherza. Mi pare che Esiodo parli di un fenomeno del genere, bambini che invecchiano senza mai diventare adulti e che per questo vengono sterminati dagli dèi.

Si arriverà al punto, dottore, in cui un individuo con la stessa maturità morale di un bambino libererà per gioco la sua ultima geniale invenzione, un'arma letale in grado di sterminare il genere umano. Suppongo che tu conosca Il dottor Stranamore, uno dei film più geniali che io abbia visto con Antonia nel periodo in cui ci abbuffavamo di torta di mele stando sul letto davanti al televisore. Sono quasi certo che Antonia non ne abbia compreso il senso: rideva, ricordo, divertita dalla magnifica interpretazione di Sellers e da quegli apparenti paradossi, senza capire che il film parlava della nostra realtà. Io non ridevo affatto.

Comunque c'è qualcosa che non va, bisognerebbe dirlo al Progettista. Cadere è troppo facile e risalire troppo difficile: la sproporzione è spaventosa, il senso di impotenza tremendo; il rischio è quello di non farcela, di soccombere prima di aver capito. Pàthei màthos, si può crescere solo grazie alla sofferenza, ma la lezione ha un senso soltanto se può essere imparata; in questo devo dare ragione a Sofocle: se l'eccesso di sofferenza ti elimina dal gioco, allora non è una lezione, è uno scherzo demenziale. Rendersi conto dell'irrimediabilità del male fatto, se questo male è enorme, può mandare in pezzi la psiche di un uomo, può costringerlo al suicidio. Forse per questo la vita ti manda di tanto in tanto dei segnali: per avvisarti che stai oltrepassando il punto di non ritorno. Probabilmente stavo sperimentando uno di quei segnali: perciò ero molto attento a coglierlo.

Ad ogni nuova crisi associavo al dolore un ricordo, come nel percorso mnemotecnico di Simonide, creando mentalmente le tappe di una specie di via crucis, finché ad un certo punto la nausea di quei ricordi mi è diventata così insopportabile che sono stato costretto a rimuovere dalla memoria ogni immagine del mio recente passato. La mia anima era ritornata vergine: tabula rasa

In compenso il mio corpo era come morto: non provavo più nessun desiderio, non avevo più le normali reazioni fisiche di un adolescente. Ma non desiderare nulla non è forse l'anticamera della saggezza? 

Già. E anche della morte.

Non riuscivo ancora ad alzarmi dal letto, però mi sentivo quasi bene. Ogni volta che entrava in camera mia madre cercavo di fare il buffone: non volevo farla preoccupare, e soprattutto dovevo evitare a tutti i costi il check up di Michele (il giorno in cui mio fratello impararerà a farsi i cazzi propri sarà sempre troppo tardi).

Ed eccoci al dunque, dottore. 

Durante la mia malattia Antonia era venuta a trovarmi tutti i giorni. Ogni volta che aprivo gli occhi la vedevo seduta sul mio letto, intenta a passarmi la mano sulla fronte sussurrando teneri incoraggiamenti di cui percepivo soltanto il suono ovattato e lontano, come se provenisse dalla stanza accanto. Mi cullavano e mi rendevano piacevole la sofferenza.

A poco a poco, man mano che riacquistavo la lucidità, la mia mente sfinita ricomponeva il puzzle. La malattia mi aveva dotato di una singolare chiaroveggenza: vedevo al di là delle apparenze, vedevo il senso profondo al di sotto del fragile schermo delle parole, vedevo la verità non detta. 

L'avevo presa a calci in faccia, ma lei era sempre rimasta accanto a me. Aveva commesso errori imperdonabili, non aveva capito niente del male che mi aveva fatto, ma aveva agito d'istinto, e il suo istinto era fatto di amore per me. Pur di non perdermi, si era trasformata in una mamma devota, mi aveva spinto giù dal nido con amorevoli beccate, soffrendone terribilmente ma rimanendo sempre al mio fianco, nella buona e nella cattiva sorte. Aggrappata ad un ramo sull’abisso, incapace di mettersi in salvo senza di me, Antonia mi amava.

Nel preciso momento in cui la mia mente ha formulato questo pensiero, la tensione nervosa che irrigidiva le mie membra si è allentata di colpo: si è impadronita di me la sensazione di quiete di un naufrago che giace sdraiato sul fondo della sua barca dopo la tempesta che gli ha strappato le vele e lo ha sballottato per giorni. Stremato ma tranquillo, cullato dalle onde, lo sguardo rivolto al cielo.

C'era però un dubbio che ancora mi tormentava. Mi sono alzato a fatica, ho acceso lo stereo e la voce di Kurt, accompagnata dalla sua chitarra, ha intonato per me Do-Re-Mi senza che questo mi strizzasse brutalmente lo stomaco al pensiero di chi me lo aveva regalato. Le lacrime hanno incominciato a scorrere sul mio viso, ma erano lacrime liberatorie, di gioia e di commozione, come quelle di chi ritrova un vecchio amico. In quel momento ho compreso di essere guarito dalla malattia più grave: Michelle.

Credevo ancora nei miracoli: doveva pur esserci un modo per abbattere il diaframma invisibile che mi separava da Antonia. Ma quale? Lei ormai era rassegnata a perdermi.

Un mattino, al mio risveglio, mentre fluttuavo in una zona di lucida incoscienza, ho sentito il sangue affluirmi al cervello e di colpo ho compreso: c’era solo una strada per raggiungerla, e passava proprio attraverso la sua maternità. Era una partita difficilissima, ma dovevo giocarmela fino in fondo. Non subito però: dovevo aspettare di stare meglio, avrei avuto bisogno di tutte le mie forze e anche di una certa dose di buonumore, in modo da poter rimettere in campo il mio talento attoriale. Nei miei rapporti con Antonia, specie nei primi tempi, c'era sempre stato un non so che di ingenuamente istrionico e provocatorio, simile ai salti, ai morsi e alle capriole con cui un gattino si esibisce di fronte alla mamma gatta cercando di suscitarne l'inevitabile reazione: un abbraccio tenero e violento che serve per tenere fermo il piccolo imbecille. 

Ecco, era proprio di quello che avevo un disperato bisogno.

 

- Un medico coscienzioso dovrebbe morire insieme con il malato, se non possono guarire assieme. Il comandante di una nave perisce con la nave, nei flutti. Non sopravvive mica. 

- Non si può paragonare un malato ad una nave. 

- E perché no? Anche la nave ha le sue malattie. D'altronde il tuo medico è sano come un pesce; ragione di più, dunque, per perire assieme al malato come il dottore con la sua nave.

- Ah! Non ci avevo pensato...

 

Ero finito in un dramma di Ionesco mal recitato e peggio diretto da un regista incapace: tutti gli attori erano dei cani, me compreso, non c'era niente che valesse la pena di vedere, niente che mi trattenesse dall'andare alla cassa a farmi restituire i soldi del biglietto. Quella non era la mia vita, quello non ero io. Il mio turbinare nel vuoto mi aveva riportato al punto di partenza, dal quale in realtà non mi ero mai mosso. 

Volevo lei, non avevo mai smesso di volerla: Antonia era l’unica cosa vera della mia vita.