Emmanuel - The broken diary - Fourth Season

3.8. Un gatto di nome Gino (Promettimi una cosa, Antonia...)

January 29, 2024 Antonia Del Monaco Season 3 Episode 8
3.8. Un gatto di nome Gino (Promettimi una cosa, Antonia...)
Emmanuel - The broken diary - Fourth Season
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Emmanuel - The broken diary - Fourth Season
3.8. Un gatto di nome Gino (Promettimi una cosa, Antonia...)
Jan 29, 2024 Season 3 Episode 8
Antonia Del Monaco

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Antonia si risveglia e, con sua enorme sorpresa, si ritrova in camera Emmanuel. 
Fra i due si svolge un colloquio tenero e appassionato, che Antonia cerca di tenere nascosto alla madre che lava i piatti in cucina. 
Emmanuel le presenta il gatto Gino, che ha trovato sotto la pioggia: è amore a prima vista.
Alla fine Emmanuel riesce a strappare ad Antonia una promessa importantissima. 
Gli interpreti sono Elisa Gandolfi e Paolo Malgioglio. 
La colonna sonora è composta dai seguenti brani: 
"Grief" di Vicenzo Piano (che ringraziamo per la concessione), "Get Lucky" dei Daft Punk (cover di Emmanuel). 
... 
Antonia wakes up and, to her enormous surprise, finds Emmanuel in the room.
A tender and passionate conversation takes place between the two, which Antonia tries to keep hidden from her mother who washes the dishes in the kitchen.
Emmanuel introduces her to the cat Gino, who he found in the rain: it's love at first sight.
In the end Emmanuel manages to extract a very important promise from Antonia.
The interpreters are Elisa Gandolfi and Paolo Malgioglio.
The soundtrack consists of the following songs:
"Grief" by Vicenzo Piano (who we thank for the concession), "Get Lucky" by Daft Punk (cover by Emmanuel).

Show Notes Transcript Chapter Markers

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Antonia si risveglia e, con sua enorme sorpresa, si ritrova in camera Emmanuel. 
Fra i due si svolge un colloquio tenero e appassionato, che Antonia cerca di tenere nascosto alla madre che lava i piatti in cucina. 
Emmanuel le presenta il gatto Gino, che ha trovato sotto la pioggia: è amore a prima vista.
Alla fine Emmanuel riesce a strappare ad Antonia una promessa importantissima. 
Gli interpreti sono Elisa Gandolfi e Paolo Malgioglio. 
La colonna sonora è composta dai seguenti brani: 
"Grief" di Vicenzo Piano (che ringraziamo per la concessione), "Get Lucky" dei Daft Punk (cover di Emmanuel). 
... 
Antonia wakes up and, to her enormous surprise, finds Emmanuel in the room.
A tender and passionate conversation takes place between the two, which Antonia tries to keep hidden from her mother who washes the dishes in the kitchen.
Emmanuel introduces her to the cat Gino, who he found in the rain: it's love at first sight.
In the end Emmanuel manages to extract a very important promise from Antonia.
The interpreters are Elisa Gandolfi and Paolo Malgioglio.
The soundtrack consists of the following songs:
"Grief" by Vicenzo Piano (who we thank for the concession), "Get Lucky" by Daft Punk (cover by Emmanuel).

La prima cosa che vedo, aprendo gli occhi, sono i miei pupazzi allineati in bell’ordine sui ripiani degli scaffali di faggio: l’orsetto che dormiva con me quand’ero bambina, la bambola di panno Lenci un po’ sdrucita, la giraffa di stoffa imbottita regalatami da una zia ormai morta, Paperino seduto con i piedi arancione tesi in avanti, un buffo cane di peluche con le orecchie lunghissime e la lingua di fuori. Giro lo sguardo sulla parete di fianco: dal vecchio poster della mia a­dole­scenza un giovanissimo Johnny Depp mi rivolge uno sguardo familiare. Mi dispiace, Johnny, in questo momento sono troppo depressa per ricambiarti.

- Ma brava, - sussurra una voce - proprio davanti al letto, eh?

Mi volto e lo vedo. Sento tremare nei muscoli del viso un bisogno irrefrenabile di sorridere.

- Emmanuel.

- Antonia.

Si china con tenerezza su di me e mi dà un bacio in fronte. Non riesco a nascondere la mia gioia: sono in quello stato d’animo di sincerità trasognata di chi si sente estraneo al mondo. Allungo una mano ad accarezzargli la testa:

- Hai preso la pioggia, vedo. Ma cos’hai fatto ai capelli?

- Me ne sono sbarazzato. 

- Stai bene anche così, ma perché l'hai fatto? Erano bellissimi i tuoi capelli. E poi questi vestiti...

- Ma non parliamo di me. Come stai?

- Meglio, ma mi sento ancora molto debole. Ho perso molto sangue.

- Sei pallida: hai le palpebre quasi trasparenti.

- Sono orribile, vero?

- Sei bella come sempre.

Mi prende una mano e la stringe.

- Ho avuto tanta paura.

- Ora il peggio è passato.

- Michele mi ha detto che è andato tutto bene - aggiunge con un tono quasi interrogativo che nasconde la sua ansia.

Esito qualche secondo di troppo.

- Che c’è? Mi nascondi qualcosa?

Gli sorrido.

- Non essere ipocondriaco. È che forse non potrò avere figli. 

- Forse? Quindi non è sicuro?

- Non è sicuro, ma purtroppo è probabile. Dovrò fare delle cure ormonali, sospendere la pillola, sottopormi a parecchi controlli.

- Mio fratello lo sa?

- Certo. È preoccupato, anche se non vuole darlo a vedere. Ci tiene molto ad avere figli.

- Il solito egoista.

- Ma no, Emmanuel, non essere ingiusto: è un desiderio perfettamente legittimo, ne abbiamo già parlato. 

- La sola cosa di cui gli dovrebbe importare adesso è che tu sia viva e stia bene. Nient’altro.

- Gliene importa, infatti. E poi dispiace moltissimo anche a me non poter avere figli. Ma non pensiamoci adesso. Mi passi la vestaglia?

- Eccola. - me la porge e mi aiuta ad infilarla. - Tua madre ti ha preparato la cena, il minestrone dev’essere ottimo: l’ho aiutata un po’ anch’io. 

- Davvero?

- Davvero: lo sai che ci so fare con le verdure, abbiamo pelato tante patate insieme. Dai, alzati e vieni in cucina a mangiare.

- Non ho fame.

- Se non mangi da sola ti imbocco io.

- Mangio in salotto, seduta sul divano: le sedie di cucina sono scomode. Così stiamo un po' insieme da soli.

Mi aiuta ad alzarmi e mi prende sotto braccio, accompagnandomi in salotto.

- Che te ne pare di mia mamma? - gli chiedo - Una chiacchierona insopportabile, vero?

- È molto simpatica invece. Vado a dirle che mangi in salotto.

Si allontana. Mentre mi siedo sul divano mi accorgo di una cosa color fuliggine arrotolata in un cestino ai miei piedi. È amore a prima vista.

- Che meraviglia questo gattino! Da dove arriva? - chiedo a Emmanuel di ritorno dalla cucina. Sorride.

- L’ho trovato per la strada, sotto la pioggia, e non me la sono sentita di lasciarlo lì.

- Hai fatto bene, è assolutamente adorabile.

Lo prendo fra le mani e lo bacio sul naso. Emmanuel lo accarezza:

- Ho letto da qualche parte che il gatto della propria vita si incontra sempre in una giornata di pioggia.

- Non solo il gatto - mi lascio sfuggire.

- Vuoi tenerlo tu, Antonia?

- Mi piacerebbe tanto, ma non so se mia mamma sarà d’accordo.

- Credo che lo sarà, il gattino le piace. Vero, signora?

Mia madre sta arrivando con un vassoio; me lo appoggia sulle ginocchia e borbotta che non si possono tenere animali nel condominio, però c'è il precedente del pappagallo di quello del quinto piano che chiamava per nome tutti gli amanti di sua moglie, per non parlare del-la vicina del primo piano che ha allevato una gallina sul balcone finché non le è caduta di sotto finendo in bocca a un cane di passaggio. La verità è che in questo momento non avrebbe il coraggio di negarmi nulla: si è spaventata molto, povera mamma.

- Falla mangiare, eh - raccomanda a Emmanuel prima di tornare in cucina.

- Si fidi, mangerà tutto.

Emmanuel si siede accanto a me e mi guarda mangiare; a tratti mi imbocca con la serietà di una mamma coscienziosa. Alla fine prende il vassoio e lo porta in cucina, mostrando a mia madre con un sorriso i piatti vuoti; lei lo ringrazia e si mette a lavare i piatti. Intanto il gattino si è addormentato e ronfa sonoramente. Mi sembra tutto assolutamente perfetto, mi sento in Paradiso.

- Domani chiedo a mia madre di comprare un antipulci adatto a un cucciolo. 

- Oh no, - esclama lui - avrò la tasca del giaccone piena di pulci.

- Fallo lavare da Teresa appena torni a casa.

Il televisore di fronte al divano trasmette il solito quiz serale.

- Dai, vediamo chi azzecca più risposte - dice Emmanuel a voce alta, in modo che mia madre lo senta.

- Bravi, - risponde lei dalla cucina - così vi tenete in allenamento.

Alza il volume per coprire le nostre voci.

- Stai bene, sai? - gli sussurro, guardando i suoi capelli corti e il sobrio maglioncino bianco a coste. Vedo che non porta più l’orecchino al lobo dell’orecchio sinistro.

- Sì, sto davvero meglio - conferma, ed è chiaro che non allude all’aspetto fisico.

- Ti stai allenando per diventare il giovane manager in carriera che i tuoi hanno sempre desiderato?

- Come no.

- I presupposti ci sono: taglio di capelli british e abbigliamento sobrio ed elegante. 

- Con questi presupposti uno non può fare a meno di diventare un manager in carriera.

- Ti vedo già elegantissimo in giacca e cravatta, con la barba appena fatta, mentre chiacchieri con i tuoi amici fumando una sigaretta.

- Perché non la pipa?

- No, la pipa non fa per te. Sarai irresistibile, i tuoi amici avranno paura a presentarti le loro mogli: cascheranno ai tuoi piedi come le mosche. Io intanto sarò diventata una tranquilla signora dell'alta borghesia ossessionata dalle rughe che prende il tè e gioca a bridge con le amiche.

- Una prospettiva esaltante.

- Me ne starò seduta in disparte con un marmocchio in braccio ad ammirare quel giovane affascinante che mi siede di fronte e sorride a un'altra.

- Stai citando Saffo?

- Già. Sembra che sia passato un secolo.

- Anche più di un secolo.

- Non potrò capacitarmi che quello splendido giovane manager sia stato il mio buffo ragazzino con i capelli lunghi, i jeans strappati e le scarpe da ginnastica. 

- Non ti darà fastidio ricordare quello che c’è stato fra noi?

- Probabilmente sì, mi darà molto fastidio. Quando ti chinerai su di me per darmi il bacio della buona notte, mi farà un certo effetto sentire il tuo profumo di dopobarba e tabacco.

- E non ti verrà la tentazione di sperimentare cosa ho imparato a fare nel frattempo?

- Può darsi, ma ci terrò molto alla mia rispettabilità, senza contare che sarò piena di rughe.

- Già, è vero: potrebbe non piacermi una signora piena di rughe. Comunque sarò uno zio affettuosissimo per i tuoi bambini. Fra un party e l’altro, se i miei impegni me lo consentiranno, ti accompagnerò a fare shopping in centro, ma solo se sarai in ordine, ben vestita e ben truccata, perché sarò abituato a farmi vedere in giro con femmine splendide e non voglio che tu mi faccia sfigurare.

- E poi? Continua, mi diverte.

- Poi, mentre ti starò riaccompagnando a casa, la mia macchina avrà un guasto improvviso in aperta campagna.

- Non dire scemenze.

- Ne hai dette tante tu finora.

Trattengo la sua mano che cerca di accarezzarmi una guancia, voltandomi verso la cucina: la spalliera del divano non coprirebbe il suo gesto, mia madre potrebbe vederci. 

- Chi sta vincendo? - chiede lei dalla cucina.

- Io, mamma. 

- Ma solo per due punti, signora: posso ancora rifarmi.

- Bravo, fagliela vedere: mia figlia è troppo presuntuosa.

Si rimette a lavare i piatti.

Emmanuel mi guarda con un’intensità da far male ed abbassa il tono di voce:

- Non lo farò mai più, giuro.

- Cosa?

- Di farti del male. Mai più.

- Non mi hai mai fatto del male.

- Oh sì invece.

Non ho la forza di mentire di nuovo; mi dimentico completamente di mia madre e lascio che mi accarezzi il viso.

- Devi promettermi una cosa, Antonia.

- Se posso. Cosa?

- Che quando starai meglio passerai tre giorni sola con me.

- Dove?

- Lontano da qui. Al mare, in campagna, in montagna, dove vuoi.

- Al mare: adoro il mare. Ma hai l’esame di maturità.

- Non preoccuparti, sto studiando. Me lo prometti?

- D'accordo, te lo prometto.

Mi bacia d’impulso sulla bocca: lo blocco appena in tempo.

- Fermo, sei matto?

Mi volto di nuovo verso la cucina: mia madre non dà segno di essersene accorta.

C'è la pubblicità e sullo schermo è apparsa la famigliola del mulino bianco: sono seduti a tavola in aperta campagna; il marito, un giovane uomo d’affari in giacca e cravatta, sta facendo una serie di affermazioni inconsulte mentre si alza per andare al lavoro; i bambini lo osservano, comprensibilmente guardinghi; la moglie sorride al suo ebete consorte, subisce passivamente il suo bacio e lo guarda allontanarsi gesticolando in preda agli inquietanti effetti dei frollini che ha inzuppato nel caffellatte.

Emmanuel mi guarda perplesso:

- Sul serio vuoi che mi riduca così?

Rido mio malgrado.

Si trattiene ancora mezz’ora, poi si accorge che sono un po' stanca. Si alza, solleva il gattino per le zampe anteriori e lo guarda negli occhi.

- Messaggio ricevuto.

- Cosa ti ha detto?

- Ha detto che si chiama Gino.

Me lo posa in grembo, lo accarezza ancora una volta e va a salutare mia madre; lei lo accompagna alla porta. Sulla soglia si volta a farmi un saluto con la mano, sorride con una dolcezza che mi buca il cuore e sparisce.

Mia madre richiude la porta ed attende qualche secondo per essere sicura che si sia allontanato; poi si gira e rimane a guardarmi senza dire nulla.

Imbarazzata, rompo il silenzio:

- Bravo ragazzo, vero?

- Già, bravo. Educato. E bello.

- Mi è molto affezionato.

- Sì, molto. Ho visto.

Mi metto a giocare con il gattino per sentirmi un po’ meno a disagio, ma lei non si allontana e continua a guardarmi. Ad un certo punto dice:

- Antonia.

- Sì, mamma?

- Guardami in faccia.

- Che c’è?

Mi fissa a braccia conserte.

- Si può sapere in che razza di guaio ti stai cacciando?