Emmanuel - The broken diary - Quinta e ultima stagione - Fifth and Final Season
E' disponibile su Amazon l'intero romanzo di Emmanuel:
Sono inoltre disponibili su Audible, sotto forma di audiolibro, la prima e la seconda parte del romanzo di Emmanuel:
Emmanuel - Il diario interrotto - Parte I (Il vento dentro)
Emmanuel - Il diario interrotto - Parte II (La metafora perfetta)
ATTENZIONE:
in base alle nuove regole del podcasting imposte a livello internazionale, nelle statistiche non verranno più conteggiati gli ascolti, ma solo ed esclusivamente i DOWNLOAD. Questo per noi è un enorme problema, perché non riusciremo più a renderci conto di quante persone ascoltino il podcast.
Vi chiediamo perciò, per favore, di FARE SEMPRE IL DOWNLOAD di ogni singolo episodio, magari per buttarlo via subito dopo (sappiamo che occupa spazio)!
According to the new podcasting rules imposed internationally, the statistics will no longer count the listens, but only and exclusively the DOWNLOADS.
We therefore ask you, please, to ALWAYS DOWNLOAD each single episode, perhaps to throw it away immediately afterwards (we know it takes up space)!
...
Cercheremo sempre di fornire il link per il download diretto.
We'll alway try to provide the direct download link.
Nel caso in cui non ci sia, per fare il download si fa così:
1. Accedi al feed https://media.rss.com/emmanuel/feed.xml
2. Visualizza l'episodio da scaricare e clicca sul menu a tre puntini presenti all'interno del player selezionando la voce "Download".
Grazie di cuore!
Il romanzo è tratto da un diario autentico, scritto da un adolescente di cui si sono perse le tracce anni fa, che chiameremo per convenzione Emmanuel; il libro è ambientato nei primi anni '90. Emmanuel è un adolescente irrequieto, incapace di accontentarsi del molto che possiede e con una personalità borderline che lo porterà a fare esperienze intense e disordinate, alla ricerca di un "senso". In questa sua ricerca travolgerà diversi personaggi, tra cui Antonia, la fidanzata del fratello Michele.
Gli interpreti sono due bravi attori-doppiatori, Elisa Gandolfi e Paolo Malgioglio.
Emmanuel - The broken diary - Quinta e ultima stagione - Fifth and Final Season
3.19. Come il soffitto di una chiesa bombardata (Antonia scopre che senza Emmanuel non può vivere)
Siamo giunti alla penultima puntata delle terza stagione, prossimi all'epilogo di quella che era sembrata (ed era stata) una grande storia d'amore.
Emmanuel lo aveva detto, ma nessuno gli aveva creduto: troppo tardi Antonia si accorge che senza di lui non può vivere. Ogni suo tentativo di rimettersi in contatto con lui fallisce, e la donna precipita in uno stato di angosciosa depressione.
L'interprete è Elisa Gandolfi.
La colonna sonora comprende lo "Stabat Mater" di Vivaldi, cover o versioni strumentali di "Precipitate" degli Interpol e "Starway to Heaven" dei Led Zeppelin.
...
We have reached the penultimate episode of the third season, close to the epilogue of what seemed (and was) a great love story.
Just as Emmanuel had predicted, without anyone believing him, too late Antonia realizes that without him she cannot live. Every attempt she makes to get back in touch with him fails, and the woman falls in a state of anguished depression.
The interpreter is Elisa Gandolfi.
The soundtrack includes Vivaldi's "Stabat Mater", covers or instrumental versions of Interpol's "Precipitate" and Led Zeppelin's "Starway to Heaven".
Mi guarda con freddo distacco, scuotendo leggermente la testa: io te l'avevo detto sorellina, te l'avevo detto.
La profezia di Frédéric si è avverata: la bomba è esplosa con me seduta sopra. Per giorni, settimane, mesi, dopo la partenza di Emmanuel, mi sono aggirata alla cieca attraverso i cunicoli della mia vita cercando a tentoni la via di uscita come nei meandri di un labirinto: lui era dappertutto, invisibile ma implacabile, sentivo il suo respiro dietro ogni angolo. Speravo che mi trovasse e mi finisse una volta per tutte, in un soprassalto di pietà che sapevo di non meritare: avrei accolto con gioia quella fine. Ma si nascondeva, giocava con me come il gatto con il topo. Sentivo continuamente dentro di me il belato straziante di un agnello che annega, ne ero devastata.
Ogni mattina, appena Michele usciva per andare al lavoro, piombavo con il viso nel cuscino sperando che lui avvertisse telepaticamente il mio richiamo. Era atroce entrare in quella casa silenziosa, passare davanti a quella camera vuota con i suoi poster alle pareti, camminare lungo il fiume e non vederlo più seduto sulla sponda, rientrare in quel fienile deserto e trovare il suo barattolo di Nutella ancora mezzo pieno in un angolo, sentire quell'odore, quell’odore, l'odore dell'erba tagliata fra i suoi capelli. La mia vita era ridotta a una continua fuga: fuggivo da una fonte di dolore solo per incappare in un'altra ancora più insopportabile.
Una volta trovai nel fienile una cassetta ancora inserita nello stereo e meccanicamente premetti il pulsante di avvio: quella voce straziante e disperata che urlava marijuaaaaanaaaa mi scaraventò indietro al momento in cui la sentii per la prima volta, con una tale violenza che caddi di schiena nel fieno portandomi le mani al cuore. Stavo per avere un infarto. Non tornai più al fienile.
Non mi mancava il sesso con lui. Mai come in quel momento mi ero resa conto che quello con Emmanuel non era stato sesso, ma un rituale di autoimmolazione alla divinità che ogni giorno esigeva in sacrificio la mia anima e il mio corpo: non potevo ribellarmi, non potevo fare altro che salire i gradini della scala che portava all'altare, lasciarmi cadere nel fieno, aggrapparmi ai suoi capelli, chiudere gli occhi per non essere incenerita dalla sua spaventosa bellezza e dissolvermi in un piacere senza nome. Avevo amato alla follia ogni attimo trascorso fra le braccia di quella divina belva adolescente.
Non sono mai stata un'intenditrice di musica: la apprezzavo superficialmente e la ascoltavo per passatempo, come molti. Ma Emmanuel, che la amava profondamente, pretendeva di condividerla con me in tutta la sua intensità: aveva un modo violento e insieme dolce di obbligarmi a farlo, conficcandomela letteralmente dentro con ogni spinta pelvica, ogni sguardo, ogni sospiro, ogni gemito sussurrato al mio orecchio mentre facevamo l'amore immersi nella sua musica. Un'esperienza meravigliosa e agghiacciante, in grado di distruggere per sempre la psiche di una persona.
Il risultato è che adesso percepisco la potenza della musica con un senso di intimo sconquasso, ma tutto questo non mi serve a niente, non avendo più nessuno con cui condividerla: ogni volta provo un senso di doloroso vuoto e di straziante rimpianto. Ne ho concluso che le persone mediocri dovrebbero evitare le esperienze sublimi.
Fra tutti i ricordi due in particolare mi ossessionavano. Un pomeriggio, mentre eravano distesi nel fieno dopo aver fatto l'amore, lui aveva messo su una delle sue canzoni preferite, un lungo brano di sette minuti e quindici secondi, si era sdraiato al mio fianco e me l'aveva canticchiato tutto in bocca guardandomi negli occhi, accarezzandomi i capelli e alternando alle parole della canzone piccoli baci sensuali. Ero incredula, sopraffatta da un senso di indicibile stupore di fronte a sensazioni che non credevo di poter provare, mentre mi rendevo confusamente conto che lo sguardo degli dèi è leggermente strabico, le loro dita sfiorano senza contatto e il loro alito profuma di marmellata di pesca e violette come il sudore di Alessandro. Trattenni il respiro per tutto il tempo per non smascherare la mia natura umana, consapevole della sacralità di quell'istante: il dio aveva rubato all'immortalità sette minuti e quindici secondi per regalarli a una comune mortale.
L'altro ricordo era legato a quei tre incredibili giorni che avevamo trascorso in Toscana. La sera prima della surreale proposta di matrimonio di Emmanuel nel contesto dell'abbazia templare a cielo aperto, l'agriturismo aveva organizzato una serata danzante nella veranda attigua alla sala del ristorante; non era presente un'orchestrina, ma un semplice dj, un ragazzo di una ventina d'anni che si sforzava di proporre brani musicali adatti ad una clientela non più giovanissima. Il ragazzo cercava tuttavia di evitare scelte troppo popolari, e ad un certo punto mise su "Stairway to Heaven" dei Led Zeppelin. Subito Emmanuel, seduto di fronte a me, sorrise, si alzò, mi tese la mano, mi invitò a ballare e mi portò in veranda. Più che abbracciarmi, mi avvolse delicatamente in due grandi ali d'angelo, appoggiò la guancia sui miei capelli e rimase così, ad occhi chiusi, per tutto il tempo della canzone. Ci guardavano tutti, ma lui rimase completamente indifferente al giudizio degli altri. La sensazione che provai è indescrivibile: il suo abbraccio non aveva nulla a che fare con il sesso e con la carnalità. Furono otto minuti di puro Paradiso.
Ma ora tutto questo, per quanto fosse stato sovrumanamente bello, non era più importante: avevo sempre saputo di essere destinata a perdere quell'angelo, quel giovane dio. Non era lui che mi mancava, ma il mio bambino: mi mancavano i suoi occhi il suo sorriso la sua musica le sue chiacchiere inconcludenti le sue buffe imitazioni, oh poterlo vedere poterlo sentire guardarlo esistere vederlo esistere in un modo qualunque, anche con un'altra, anche fra le braccia di un’altra. Mi sarei costretta ad amare quella Arianna se lui l'avesse amata, purché mi fosse possibile rivederlo ancora.
Il suo numero di cellulare risultava disattivato. In preda al parossismo di un dolore insopportabile mi procurai il suo nuovo indirizzo, il numero di telefono di quella casa; gli scrissi, ma le mie lettere furono intercettate; trovai la forza di telefonare e di chiedere di lui: una voce femminile mi rispose con cortese fermezza che avevo sbagliato numero.
Poi, all'improvviso, la mia psiche esplose in mille pezzi e alla disperazione subentrò la paralisi della rassegnazione, quella sorta di catalessi in cui piombano le prede dei grandi felini quando comprendono di essere spacciate. Da quel momento non sentii più niente ed ora sono clinicamente morta. Non ci sarebbe niente di male in questo, se solo non dovessi fare finta di essere viva.
So bene che per lui è meglio così, sulla zattera non c'è posto per due ed è giusto che sia lui a salvarsi, ma non so come fare per continuare a vivere: è ridicolo pensare che in queste condizioni io possa occuparmi della casa, di filologia classica, del rincaro dei prezzi, dei miei doveri coniugali. Mio Dio, i doveri coniugali. Almeno una cosa Emmanuel me l'ha insegnata: non c'è nulla di più innaturale del sesso fra estranei.
Ogni tanto mi volto a guardare la lunga scia di sangue che lascio dietro di me: io la vedo distintamente, ma non la vede nessun altro, come Oreste con le Erinni. Come lui, sto impazzendo. Nessuno ascolta le mie grida, sono afona come nei sogni di impotenza, tutti danno per scontato che io debba essere felice, tutti mi giudicherebbero pazza se sapessero che vorrei essere morta, morta, morta in ogni singolo istante della mia vita.
Mi sento come il soffitto di una chiesa bombardata.
Vorrei dissolvermi come fumo, vorrei poter fluttuare ancora per un po' nella vita di Michele, sparire pian piano, diventare sempre più trasparente, rendergli impercettibile la mia dissoluzione, e nel frattempo lasciare un ectoplasma a prendere il tè con i suoi e a fare il tifo per lui quando gioca a tennis. Michele è distratto, non si accorgerebbe della differenza. Un giorno, voltandosi, semplicemente non mi vedrebbe più.
Devo dargli il tempo di abituarsi alla mia scomparsa, ma per poterlo fare ho bisogno dell'unica persona capace di annientarmi senza uccidermi: Frédéric.
È lui la soluzione.
È diventato più cauto dopo la mia operazione, ma la rude elementarità del suo modo di fare sesso è rimasta la stessa. Non c'è nessuna pretesa di sentimento, nient'altro che il suo corpo. Non è sesso, non è piacere, non è nulla che assomigli all'amore: è come sperimentare la furia degli elementi, volare in un vortice senza mai toccare il fondo, fluttuare lontano da terra in un'atmosfera rarefatta che non trasmette i suoni, dove posso urlare a squarciagola senza che nessuno mi senta. Dall'alto vedo sotto di me brandelli di finzione, automi senza vita, ridicole marionette impossibili da rimpiangere. Se chiudo gli occhi sento il ritmo arcaico e cullante del dimetro coriambico, segno che Aristofane mi ha perdonata.
Frédéric riesce a fare il vuoto dentro di me: il nulla che mi regala è diventato il mio tutto.