Emmanuel - The broken diary - Quinta e ultima stagione - Fifth and Final Season

4.1. Tutti i toni di un addio - Parte I (Antonia e Michele si lasciano)

Antonia Del Monaco Season 4 Episode 1

Dopo la scoperta da parte di Michele della gravidanza di Antonia e del suo tradimento con Emmanuel, è inevitabile che la coppia si separi. Michele, sotto shock, cerca di sapere la verità dalla donna, che gliene confessa solo una parte. Il pover'uomo, distrutto dal dolore e dalla delusione, tenta di inventarsi una soluzione, ma Antonia è decisa ad andarsene. 

Gli interpreti sono Paolo Malgioglio e Elisa Gandolfi.

La colonna sonora è "My funny Valentine" di Rodgers-Hart.

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After Michele's discovery of Antonia's pregnancy and her betrayal with Emmanuel, it's inevitable that the couple will separate. Michele, in shock, tries to learn the truth from the woman, who confesses only part of it to him. The poor man, destroyed by pain and disappointment, tries to invent a solution, but Antonia is determined to leave. 

The interpreters are Paolo Malgioglio and Elisa Gandolfi.

The soundtrack is "My funny Valentine" by Rodgers-Hart.

I. Nec sine te nec tecum
- Da quanto tempo andava avanti questa storia?
- Da quasi tre anni.
- Tre anni? Quindi è incominciata subito? 
- Sì, quasi subito. 
- Non ci posso credere, davvero non ci posso credere. Dimmi che sto sognando.
- Non mettermi le mani addosso, ti prego: c’è il bambino.
- Sei pazza? Pensi che io possa picchiarti?
- Qualunque uomo può diventare violento in certi momenti.
- Antonia, io appartengo ancora a quella generazione di idioti che credono che una donna non si debba toccare nemmeno con un fiore. 
- Diffido degli uomini.
- Anche di me?
- Diffido di tutti.
- Tu non mi conosci affatto.
- Nemmeno tu conosci me. 
- Lo vedo.
- Ti sei mai chiesto chi sono?
- Mille volte, Antonia, ma a quanto pare non ho trovato la risposta. Che tu sia una donna difficile l'ho sempre saputo, ma ti credevo onesta. Cos'è successo a quella donna?
- Michele, scusami, non me la sento di parlare adesso: voglio solo sparire dalla circolazione.
- Hai ragione, avrei voglia di picchiarti: ma non lo farò, e non perché c'è il bambino. Picchierei mio fratello, piuttosto. Non posso credere che mi abbia mentito per tutto questo tempo: cioè, eravamo seduti vicini a tavola, lui mi passava il sale, io gli versavo il vino, chiacchieravamo del più e del meno, giocavamo a tennis, facevamo le gare di tuffi in piscina, le discese in montagna, ci fermavamo a mangiare un panino al rifugio, e intanto lui ripensava alla scopata che s’era appena fatto con la mia fidanzata. Che bastardo.
- Non odiarlo, per favore: ha sofferto anche lui, e tanto.
- Vorrei odiarlo, ma non ci riesco: l'ho portato in braccio da piccolo, ero così orgoglioso del mio fratellino biondo, cazzo. 
- Lo so, Michele.
- Che stesse male me n'ero accorto da un pezzo, ma non avrei mai immaginato che la causa fossi tu. Anche se, a dire il vero, qualcosa di strano l'avevo notato. Ma come potevo pensare che foste così falsi, così incredibilmente bugiardi con me? Come hai potuto non dirmi niente?
- Non volevo perderti, Michele: io volevo stare con te, non con lui.
- Volevi stare con me e scopavi con lui?
- Lo so, è difficile da capire.
- Un po' più che difficile, se permetti. Magari prova a spiegarmelo, eh.
- Stavo sprofondando nelle sabbie mobili, tu eri l’unica cosa che rimaneva ferma nella mia vita. Ce l'ho messa tutta, credimi: rimuovevo il pensiero, speravo di guarire.
- Guarire? 
- Sì, guarire.
- Hai ragione. In effetti devi essere malata, non c'è altra spiegazione: aveva sedici anni appena compiuti quando lo hai conosciuto. Sedici, Antonia.
- Sono più malata di quanto tu possa pensare: a maggior ragione lasciami andare.
- Cioè, fammi capire: volevi stare con me anche a costo di mentire tutti i giorni?
- Sì, Michele, esattamente. Era il prezzo da pagare per stare con te.
- E adesso di colpo non vuoi più stare con me? Cos'è cambiato? Cosa c'è che non capisco, Antonia? Sono io che dovrei essere infuriato, ma non sono io che ti mando via, sei tu che te ne vai. 
- È cambiato che Emmanuel se n’è andato. 
- E quindi?
- Ma non capisci? Ho sofferto da impazzire. Stavo malissimo e dovevo fingere con te e con tutti gli altri. Non ce la facevo più. Devo chiudere con tutto e ricominciare daccapo: so che sarò sola e so anche che sarà difficile, ma finalmente mi sembra di poter respirare, lontano da voi.
- Lo sai, vero, che queste parole mi fanno molto male? Io ho sempre cercato di renderti felice, ho fatto veramente del mio meglio. 
- Tu non hai niente da rimproverarti: il problema sono io, non tu.
- E adesso cosa farai?
- In qualche modo me la caverò, non preoccuparti. Adesso vado, Michele.
- Aspetta, Antonia. Siediti, non precipitare le cose, lasciami il tempo di riflettere. Forse una soluzione c'è, ed è anche abbastanza semplice. 
- Che soluzione?
- Faremo credere agli altri che il bambino sia mio: solo noi due sapremo la verità. Col tempo riuscirò ad accettarla; in fin dei conti è figlio di mio fratello, non di un estraneo: mi sarà facile volergli bene. Anzi, gliene voglio già.
- Non capisci proprio, vero? Non potrei sopportare di rivedere Emmanuel, per di più nascondendogli la verità su suo figlio. Se restassi con te sarei costretta a farlo.
- Perché non vuoi rivederlo?
- Mi prendi in giro o davvero non capisci?
- No, te lo sto chiedendo seriamente.
- Ma come fai a non capire? È chiaro che non sei mai stato veramente innamorato. Non c'è niente di peggio che essere costretti a frequentare qualcuno di cui si è innamorati senza poter stare con lui: è una tortura continua. E poi con un bambino suo, che probabilmente gli assomiglierà molto... Credi che non intuirebbe la verità?
- Forse hai ragione. O forse no. Il fatto è che tu lo stai tagliando fuori da tutto, non vuoi neppure dirgli che il figlio è suo: e questo è assurdo, oltre che ingiusto.
- Dirgli la verità sul bambino sarebbe doppiamente ingiusto: non potrei in ogni caso stare con lui e comprometterei il suo rapporto con Arianna. La verità è che non posso vivere né con lui né senza di lui.
- Nec tecum possum vivere nec sine te: chi era, Catullo?
- Ovidio. Il verso originale suona nec sine te nec tecum vivere possum.
- Ma perché dici che non puoi stare con lui? Non c'è niente di impossibile quando si è innamorati, almeno credo. Può darsi che io non sia mai stato innamorato, chi lo sa. O forse sì, non ti ho mai detto tutto di me: ho avuto anch'io un passato. Ma non è questo il punto, Antonia: il punto è che non mi stai dicendo tutta la verità, non mi convinci.
- Hai ragione, non è tutta la verità.
- Allora dimmela: dopo un colpo come questo non c'è più niente che mi possa spaventare.
- Non ha senso parlarne, visto che devo andarmene. E poi adesso che c’è il bambino non riesco a pensare ad altro: sento il bisogno di nascondermi in una tana, credo che sia un istinto naturale. Devo proteggerlo, capisci?
- Sì, questo lo capisco benissimo.
- La sola idea di rivedere i tuoi in queste condizioni mi fa impazzire. Ho sperato con tutto il cuore che tu potessi salvarmi, ma non ha funzionato. Grazie lo stesso, Michele, grazie di averci provato.
- Stai sbagliando tutto, Antonia: è proprio adesso che può funzionare fra noi; prima non poteva, perché il nostro rapporto era basato sulla finzione e sulla menzogna. Ma adesso mi hai detto la verità, o almeno una parte della verità, anche se...
- Sono discorsi inutili ormai. Lasciami andare, ti prego.
- Non ti trattengo.
- Sei seduto sopra la mia valigia.
- Che idiota. 
- Tu non sei affatto un idiota.
- Certo che lo sono: non mi sono mai accorto di niente, sempre troppo impegnato a pensare alle cose pratiche, al lavoro, alle tasse, alla villa, alla nostra nuova casa...
- È il tuo carattere, ed è uno dei lati più positivi della tua personalità.
- Sì, certo, dev'essere per i lati positivi del mio carattere che mi hai tradito. Non c’è mai stato un solo minuto in cui tu sia stata sincera con me: scopavi con me e per non annoiarti pensavi a un altro, forse più di uno, chissà. Non posso conservare neppure i ricordi, Antonia: era tutto finto, tutta una recita. Hai distrutto tutto, tutto.
- Michele, in questo momento non sono in grado di sopportare un processo. Mi sono già processata e condannata da sola: me ne vado, rinuncio a tutto, non voglio niente da te. Che altro devo fare?
- Cerca di metterti nei miei panni: sono ancora sotto shock, non pretenderai che io ragioni freddamente. Dammi un attimo di tempo.
- Alla fine, se ci pensi bene, è giusto così. Io non sono una di voi: ci ho provato, lo sai, ma non ero all’altezza. Sono sempre stata l’ultima ruota del carro, meno elegante, meno bella, meno tutto. Mi sentivo continuamente sotto esame con la mia tinta di capelli casalinga, le mie mani ordinarie, il seno scarso, la borsetta imitazione Borbonese, le scarpe di una marca qualunque, i miei studi universitari di cui non importa niente a nessuno. Tu non puoi immaginare quanto io mi sia sentita umiliata in tutti questi anni. 
- Umiliata?
- Sì, umiliata. Voglio tornare nel mio mondo, fra la gente comune, abitare in una casa comune, trovarmi un lavoro da persona comune, senza dover rendere conto a nessuno dei miei fallimenti e della mia mediocrità. Io non ero la donna giusta per te, lo hai sempre saputo.
- Tu eri, anzi sei, esattamente la donna che ho scelto per me: non ho mai desiderato niente di diverso da quello che sei, anche se sei molto confusionaria e hai fatto qualche grosso casino. Tieni, asciugati gli occhi.
- Non sto piangendo.
- Sì che stai piangendo. Dai, vieni qui: un bacio sul naso e passa tutto. È umido, sembra quello di un cane.
- Non farmi ridere, non è il momento.
- È sempre il momento di ridere. E adesso cosa pensi di fare con il bambino?
- Che domande mi fai? Non rinuncerei a lui per niente al mondo.
- È quello che speravo di sentirti dire. Ma ai miei cosa racconteremo?
- Qualsiasi cosa, basta che lasci fuori Emmanuel.
- E se lui non volesse essere lasciato fuori?
- Deve restarne fuori: non saprà mai che il figlio è suo. Ora è felice con quella ragazza, non deve saperne niente. Ti proibisco di parlargliene, Michele, non te lo perdonerei mai.
- Tu sei pazza. Ti rendi conto che stai perdendo tutto per lui?
- Certo che me ne rendo conto.
- Sei sicura di quello che fai?
- Più che sicura.
- Ma dove andrai a stare?
- Da mia madre, almeno per i primi mesi. È una brava donna, si arrabbierà un po’ ma poi capirà. Ora vado davvero, Michele.