Emmanuel - The broken diary - Quinta e ultima stagione - Fifth and Final Season

3.16. Labirinti - Parte I (Emmanuel costretto a partecipare al matrimonio di Antonia)

Antonia Del Monaco Season 3 Episode 14

Questo capitolo, di particolare lunghezza ed importanza, viene proposto diviso in due parti, di cui questa è la prima. La vicenda è vista attraverso gli occhi di Arianna, la nuova voce narrante, che fa il suo ingresso nella storia proprio in questo capitolo. 

E così siamo al dunque: Antonia si sposa con Michele, il fratello di Emmanuel. 
Il ragazzo è costretto a partecipare al matrimonio e dà evidenti segni di insofferenza... 

Gli interpreti sono Paolo Malgioglio e Elisa Gandolfi.
La colonna sonora comprende  cover o versioni strumentali di "Via con me" di Paolo Conte, la Marcia Nuziale di Mendelssohn, il valzer "Sul bel Danubio Blu" di Strauss e il "Wedding Dance Gramophone Waltz". 
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This chapter, of particular length and importance, is proposed divided into two parts, of which this is the first. The story is seen through the eyes of Arianna, the new narrator, who enters the story in this chapter.

And so we get to the point: Antonia gets married to Michele, Emmanuel's brother.
The boy is forced to participate in the wedding and shows clear signs of impatience...

The interpreters are Paolo Malgioglio and Elisa Gandolfi.
The soundtrack includes covers or instrumental versions of "Via con me" by Paolo Conte, Mendelssohn's Wedding March, the waltz "On the beautiful blue Danube" by Strauss and e "Wedding Dance Gramophone Waltz". 

- I parenti dello sposo un po' più a sinistra... Così... Fermi, per favore.

Liscio la gonna del tailleur azzurro e sorrido. Il flash mi abbaglia per un attimo, poi finalmente siamo liberi dal noioso rituale delle foto di gruppo.

Cinquecento chilometri per fare atto di presenza al matrimonio di un estraneo: se non fosse stato per le insistenze di mio padre, che dopo la pensione, per non sentirsi inutile, è entrato in non so che affare con la famiglia dello sposo, ora sarei in piscina con Luca, che da qualche tempo è diventato il più assiduo dei miei corteggiatori. Peccato che sia anche il più insignificante. In generale diffido della generosità con cui la sorte dispensa l'ammirazione dei maschi alle giovani ereditiere. So bene che Luca sarebbe il primo a non frequentarmi più se mio padre diventasse troppo povero per permettersi la villa con piscina: con questi presupposti non può certo pretendere di essere preso sul serio.

Sono partita mettendo in conto la prospettiva di annoiarmi a morte, impresa nella quale starei riuscendo alla perfezione, se non fosse per una variabile impazzita che mi sta mettendo a dura prova da qualche ora.

Detesto fissare le persone ed essere fissata, ma c'è, tra i parenti dello sposo, un ragazzo da cui non riesco a distogliere lo sguardo. E non perché sia bello. D'accordo, bello è bello. Ma, a parte il fatto che non è nel mio stile guardare con insistenza i ragazzi, a me piacciono gli uomini mediterranei, bruni, sani e sportivi. Lui invece è biondo, nordico, emana un fascino malato. 

Quella curiosità che i miei insegnanti interpretano come "indizio di non comune vivacità intellettuale", e che è in realtà il mio principale difetto, mi rende imprudente, attratta da quello che non mi assomiglia. Ammetto di essere affascinata dai fenomeni che sfuggono alla logica, ed è impossibile per me classificare in base alle mie categorie mentali, decisamente troppo aristoteliche, l'effetto che mi fa questo ragazzo: soprattutto il suo sguardo. Potrei dire che sento un'attrazione fatale e nello stesso tempo una sirena d’allarme, un s.o.s. silenzioso e disperato. Il naufragio si sta verificando sotto gli occhi di tutti, possibile che nessuno se ne accorga?

Sono una buona osservatrice: lo sto tenendo d'occhio da un paio d'ore, attenta ai minimi dettagli. Durante la messa non si è mai alzato né seduto al momento giusto, come se lo facesse apposta o fosse troppo confuso per rendersene conto; la signora accanto a lui, alta e bionda, elegantissima nel suo tailleur di Luisa Spagnoli, continuava a lanciargli occhiate di rimprovero, ma lui non dava segno di avvedersene. Mentre gli sposi si giuravano eterna fedeltà è stato colto da un attacco di tosse assolutamente fuori stagione e s'è portato al viso il fazzoletto: avrei giurato che stentasse a trattenere le risate. Poi ha sbuffato, s'è alzato e se n'è uscito soffiandosi rumorosamente il naso. Nel complesso quel ragazzo risulta sempre inopportuno: ne deduco che non controlla le sue reazioni. 

A conferma di questo sospetto, al termine della funzione lo rivedo davanti alla chiesa seduto a cavalcioni di un muretto, con le gambe larghe, la giacca buttata in spalla, le maniche della camicia rimboccate, i capelli scarmigliati, gli occhi nascosti dagli occhiali da sole e un sorriso indecifrabile sulle labbra. Ancora una volta inopportuno, per la precisione inopportunamente sexy, come se pensasse di essere sulla copertina di Playboy anziché ad un matrimonio, tanto che mi vergogno per lui; ma, a quanto pare, sono l'unica a notarlo: tutti gli altri sono distratti dagli sposi, si accalcano intorno a loro, applaudono, gettano manciate di riso, pretendono il bacio, il rituale lancio del bouquet. Nessuno si accorge di lui, tranne la sposa stessa, una rossa dal fisico sottile, graziosa nel suo abito corto color crema, con i capelli raccolti dietro la nuca e qualche fiore d'arancio puntato nello chignon: noto che lui resta con lo sguardo ostinatamente fisso davanti a sé, come se non la vedesse neppure, mentre lei non può fare a meno di rivolgergli di tanto in tanto brevi sguardi inquieti. Forse è sconcertata dal suo atteggiamento, forse irritata, forse attratta, chissà.

Mentre mi faccio largo tra la folla degli invitati per felicitarmi con gli sposi, lo vedo improvvisamente alzarsi e venirmi accanto, così vicino che sento il suo profumo muschiato, sensualissimo. È il suo turno di baciare la sposa: mi domando con apprensione cosa stia meditando. Le sfiora la guancia con le labbra e sussurra distintamente:

- Cento di questi giorni, mia cara.

Lei sorride inespressiva, ma arrossisce un po' e subito si volta a baciare un altro.

Durante il banchetto nuziale mi siedo alla tavola riservata ai ragazzi in un'ala appartata del ristorante; lui invece è seduto allo stesso tavolo degli sposi, il che mi conferma che è uno di famiglia. Il grande specchio veneziano di fronte a me riflette la sua immagine; chiacchiero del più e del meno con i miei vicini di tavolo, gustando le squisite portate del pranzo nuziale, e intanto continuo a tenerlo d'occhio. Vedo che non tocca quasi cibo.

Ad un certo punto lo vedo alzarsi ed allontanarsi, probabilmente per andare in bagno. Quando rientra in sala ha il volto livido e contratto, come se tornare al suo posto gli costasse un immane sforzo; si è certamente sciacquato il visto, perché ha i capelli leggermente bagnati, s’è tolto la cravatta e ha sbottonato il colletto della camicia aprendola sul petto: emana una specie di disperata sensualità che la sposa certamente percepisce, perché diventa rossa e si volta dall'altra parte. All'improvviso lui si accorge che lo osservo attraverso lo specchio e mi fissa per un attimo: il suo sguardo mi strizza letteralmente lo stomaco. Abbasso gli occhi e mi sforzo di non guardarlo più.

Trascorre una ventina di minuti e la situazione in sala degenera, com'è tipico dei banchetti in cui si mangia e si beve troppo: dopo svariati brindisi in onore degli sposi, con tanto di auguri e figli maschi, qualcuno incomincia a cantare, qualcuno a ridere, tutti parlano troppo e troppo forte. Siamo in attesa del sorbetto al limone e salvia, eccellente digestivo, e dell'immancabile caffè, per poi uscire in giardino e partecipare al ballo all'aperto: sento l'orchestrina che accorda gli strumenti. Nella baldoria generale nessuno si accorge che la sposa s'è alzata ed è uscita dalla sala. D'istinto rivolgo lo sguardo verso di lui: il suo posto è vuoto. Combatto una lotta accanita contro me stessa, cercando di dominare l'impulso di andare a cercarlo. Perdo la battaglia, mi alzo di scatto e comincio ad aggirarmi per le sale del ristorante.

Nell'atrio del ristorante non c'è, in bagno neppure. Entro anche in quello degli uomini e lo trovo deserto. Ne approfitto per ritoccarmi il trucco e rimettermi a posto il nastro fra i capelli, constatando che l'azzurro mi dona. Mentre ritorno in sala li vedo all'improvviso insieme in giardino: riconosco la sposa di spalle; evidentemente è uscita in giardino a controllare i preparativi del ballo all'aperto e lui l’ha raggiunta. Si sentono note di valzer. So che non è bello spiare le persone, ma sono costretta a farlo: mi nascondo dietro un paravento vicino ad una finestra aperta e mi metto in ascolto.

- Balliamo, signora? - dice lui con uno strano tono, che definirei quasi minaccioso.

Le cinge la vita. Lei si divincola. Lui la stringe più forte con un sorriso acido che gli contrae la mandibola:

- Ci vedono, cara, contròllati.

Lei si libera con uno strattone.

- Sei ubriaco - gli dice sdegnata, e si allontana a passi rapidi.

La signora è, o vuole essere, poco perspicace. 

Sulle prime lui rimane fermo con lo sguardo fisso sul giardino assolato. Poi si volta, attraversa l'atrio, esce, raggiunge il parcheggio, apre la portiera della sua automobile.

Se ne va: provo una stretta al cuore. Non lo rivedrò mai più, porterà con sé il suo segreto. Improvvisamente sparisce il sole, la mia giornata si svuota di ogni significato.

E invece no: si china a prendere qualcosa nel cassetto del cruscotto e rientra nel locale. Ha la mascella così irrigidita che vedo i suoi muscoli guizzare in contrazioni spasmodiche. Si dirige a rapidi passi verso il giardino all'italiana ed entra nel labirinto vegetale. La sirena d'allarme è assordante, non riesco più a sopportarla, sento che devo agire subito. Mi domando se per caso io sia diventata pazza, cosa me ne importi di un perfetto estraneo, come mi salti in mente di impicciarmi degli affari suoi, cosa penserebbero i miei se mi vedessero in questo momento: tutte domande che spazzo via in un secondo, perché non c'è tempo da perdere.

Senza esitazione esco dalla sala e m'inoltro fra le pareti di bosso, che sotto il sole estivo esalano un forte odore di insetto schiacciato. Dopo qualche giro vizioso finalmente lo vedo: è seduto su una panchina di pietra, con le spalle appoggiate alla spessa muraglia della siepe e la nuca rovesciata all'indietro. Dio sia lodato.

- Ciao - gli dico sorridendo, come se fosse normale.

Alza su di me uno sguardo senza collera, senza espressione, semplicemente vuoto.

- Chi sei?

- Arianna. E tu?

- Emmanuel.

- Emmanuel come il fratello dello sposo?

Annuisce. 

- Sono io.

La faccenda sta assumendo contorni grotteschi.

- Vorrei restare solo, Arianna.

- Lo so.

- Lo sai? E allora scusami, perché non te ne vai?

- Non posso andarmene, perché sei in pericolo. Anzi, sono venuta apposta.

Mi fissa per la prima volta con attenzione:

- Ma tu chi sei? - ripete.

- Arianna Benvenuti, nata a Siena diciassette anni fa, segno zodiacale acquario, studentessa presso il liceo classico Piccolomini di Siena. Mio padre è socio d'affari del tuo, ma suppongo che non te ne importi gran che.

- Infatti non ha nessuna importanza. Grazie della premura, e adesso puoi andartene.

- No, non me ne vado. Io non sono come gli altri che fanno finta di niente: mi sembrano tutti scemi, scusa se te lo dico, a cominciare dai tuoi. Si vede fin troppo bene che hai bisogno di aiuto.

Mi guarda stranito:

- Senti, sul serio, ma chi sei? Il mio angelo custode, un miraggio, una semplice rompicoglioni? O mi sono già fatto senza neppure accorgemene?

- Non mentire: ti sei già fatto e te ne sei accorto benissimo. Prima, quando sei andato in bagno, era per quello. E poi sei andato in macchina per prenderne dell'altra, e sei venuto qui per completare l'opera.

Tace, come per raccogliere le idee e calmare i nervi. Poi finalmente parla, pronunciando lentamente le parole.

- Arianna, non so se dalle tue parti sia normale farsi i cazzi degli altri, ma qui da noi non usa. Perciò ti prego, dacci un taglio, okay? Sono maggiorenne, so quel che faccio, so benissimo cosa rischio.

- Con una pistola faresti prima.

- Detesto la violenza. Così è diverso. È come una mamma cattiva che ti pianta i tacchi a spillo nel cuore mentre ti sta cullando.

- È una metafora disgustosa.

- Senti, te ne vai tu o me ne devo andare io?

Accenna ad alzarsi dalla panchina. Devo giocare il tutto per tutto: all in.

- Saresti disposto a tutto pur di rovinare il giorno del suo matrimonio, vero? Perfino a farti trovare morto o in coma.

Touché. Mi fissa senza rispondere. Incalzo:

- È una specie di vendetta o speri che lei pianga per te?

Rimane in silenzio. 

- So perfettamente che non sono affari miei, pensi che io sia stupida? Ma ti farà bene confidarti con qualcuno. Sono un'estranea, non c'è pericolo che vada a parlarne con i tuoi, la cosa muore qui. Approfitta della situazione: fra poche ore tornerò a Siena e non ci rivedremo mai più. Vuota il sacco.

Si rilassa e di colpo la depressione lo assale. Sospira e abbassa la testa:

- Diciamo che è un modo per evitare l'orale di maturità.

- Perché, non vuoi presentarti al colloquio?

- Ti sembro in condizione di dare l'esame?

- Quando avresti l'orale?

- Dopodomani.

- No, credo proprio che tu non lo sia. E così sarai bocciato. 

- Ovvio.

- Non è grave: un anno non è niente in confronto a tutta la vita.

- La mia vita ultimamente è un pellegrinaggio da un’intossicazione all’altra. Niente che valga la pena di rimpiangere.

- Sta a te cambiare la tua vita: sei bello, giovane, ricco, sano, a patto che eviti di rovinarti da solo la salute. Ci sarà pure qualcosa che ti piacerebbe fare: fallo.

Si appoggia contro la siepe e mi guarda con disarmante dolcezza.

- Arrivi tardi, Adriana.

- Arianna.

S'è già dimenticato il mio nome dopo nemmeno cinque minuti.

- Tardi in che senso?

- Succederà in ogni caso, anche se non mi chiamo fuori. Sono quel che si dice un perdente, non ho alternative alle regole del gioco.

- Sei un ragazzo intelligente, invece.

- Sto giocando a bridge senza conoscere il codice della licita, posso solo perdere.

Finalmente sono riuscita a farlo parlare: un senso di calda tenerezza mi invade. Mi siedo accanto a lui sulla panchina e gli faccio una domanda a bruciapelo:

- Da quanto tempo siete amanti?