Emmanuel - The broken diary - Quinta e ultima stagione - Fifth and Final Season

4.7. L'infermiera (Emmanuel e Arianna studiano insieme per l'esame)

Antonia Del Monaco Season 4 Episode 7

Ma Emmanuel cosa sta facendo? Come sta vivendo la lontananza da casa e da Antonia?

Il ragazzo si trova a 600 km di distanza da Torino, in Val d'Orcia (Toscana), ospite della famiglia di Arianna, con il beneplacito (forzato) dei genitori di entrambi, messi in pratica di fronte al fatto compiuto.

Attraverso la voce di Arianna, che prepara con lui l'esame di Maturità, assistiamo ai suoi primi tentativi di liberarsi da ogni tipo di dipendenza: ma, mentre con la droga le cose non sembrano essere così difficili per lui, il ricordo di Antonia continua ad ossessionare il ragazzo, che subisce una specie di involuzione, diventando introverso e poco comunicativo con tutti e quasi anoressico. Arianna, preoccupata, finirà per metterlo in cura da uno psicanalista.

La ragazza, innamorata pazza di lui, non si dà pace e tenterà tutto il possibile per farlo risorgere dal suo stato letargico.

Gli interpreti sono Elisa Gandolfi e Paolo Malgioglio.

La colonna sonora comprende cover di "Happy Together" (The Turtles) e "Love me please love me" (Michel Polnareff) e un brano originale: "Nancy Comes Home" di Opal Tribe, che ringraziamo per la gentile concessione.

...

But what is Emmanuel doing? How is he coping with the distance from home and Antonia?

The boy is 600 km away from Turin, in Val d'Orcia (Tuscany), a guest of Arianna's family, with the (forced) approval of both parents, put in the face of a fait accompli.

Through the voice of Arianna, who prepares the high school exam with him, we witness his first attempts to free himself from any type of addiction: but, while with drugs things don't seem to be so difficult for him, the memory of Antonia continues to obsess the boy, who undergoes a sort of involution, becoming introverted and uncommunicative with everyone and almost anorexic. Arianna, worried, will end up putting him under the care of a psychoanalyst.

The girl, madly in love with him, cannot rest and will try everything possible to make him resurrect from his lethargic state.

The interpreters are Elisa Gandolfi and Paolo Malgioglio.

The soundtrack includes covers of "Happy Together" (The Turtles) and "Love me please love me" (Michel Polnareff) and an original song: "Nancy Comes Home" by Opal Tribe, whom we thank for the kind permission.

- Misèr Catùlle, dèsinàs inèptire
et quòd vidès perìsse pèrditùm ducas...
- Sono scazonti, Emmanuel, non trimetri normali.
- Lo so: è proprio per questo che li sto raddrizzando.
- Non fare il buffone, dai, leggili come si deve.
- Misèr Catùlle, dèsinàs inèptìre
et quòd vidès perìsse pèrditùm dùcas...
Termina la lettura senza altri intoppi.
- Va bene. Ora traduci.
- Povero Catullo, smetti di fare il coglione, e quel che vedi morto consideralo morto.
- Scusami eh, ma come ti esprimi? Sforzati di usare un lessico più formale. Non dico per me, ma per la professoressa.
- Lo farò a tempo debito. Comunque non riesco ad andare avanti.
- Perché?
- Com'è la terza persona plurale del passato remoto di splendere? Non me lo ricordo più.
- Per favore, non trovare scuse. È splendettero: lo sanno anche in quinta elementare.
- Splendettero! Che lingua del cazzo l’italiano. Artificioso, pieno di limiti espressivi, shit.
- Eh sì, in effetti Dante è famoso per i suoi limiti espressivi.
- Che c'entra Dante? Dante è Dante.
- C'entra. Prova a farmi una dichiarazione d'amore in olandese.
- Ik hou van je.
- Amor che a nullo amato amar perdona.
- Nei momenti intimi non uso Dante.
- Ma nemmeno l'olandese, spero.
- No, nemmeno l'olandese.
- Che lingua vorresti parlare?
- Non lo so. Forse l'inglese di Shakespeare.
- Se non ti piace splendettero puoi usare rifulsero o brillarono. Va' avanti.
- Brillarono un tempo per te giorni luminosi, quando solevi andare dove ti portava la ragazza.
- La fanciulla.
- Fanciulla? Ma chi le usa più queste parole?
- È poesia, Emmanuel.
- Poesia! Arianna, la poesia non è fatta di parole: la poesia è carne e sangue, a volte anche fluidi organici più bassi, mi spiego? Prova a pensare al Sonnet du trou du cul. E non dirmi che Rimbaud non è poesia, perché me ne vado subito.
- Però certe parole hanno un bel suono.
- Per un defunto, forse; per una mummia.
- Senti, usa un po' le parole che ti pare: basta che tu vada avanti.
- Dove ti portava la ragazza amata da me quanto nessuna sarà amata. Lì si facevano allora quei molti giochi d’amore che tu volevi e lei non rifiutava.
- Il testo dice puella, non "lei".
- Per lui lei era lei e basta.
- D’accordo, lasciamo perdere. Cos'è desinas?
- Un congiuntivo esortativo. Ti prevengo: sì, so anche il paradigma di desino e altre cazzate del genere.
Incrocio le braccia e lo fisso severamente.
- Emmanuel, mi spieghi dove vuoi arrivare con questo atteggiamento? Sei indisponente. Ho fatto una promessa a tua madre, lo sai, e intendo mantenerla.
Sospira e alza gli occhi al cielo.
- Oh cazzo, l'ho già visto questo film.
- Perché fai sembrare tutto così stupido?
- Forse perché lo è?
- No, non lo è: sei tu che lo rendi stupido comportandoti da stupido. Hai un obiettivo davanti: darai la maturità, anzi la daremo insieme, e questa volta la supererai. Ma dipende da te: se non t'impegni i risultati non arrivano.
- Non arrivano neanche se t'impegni.
- Non è vero.
- Nelle cose che contano mi sono sempre impegnato al massimo e non è servito a un cazzo. Comunque almeno una cosa positiva c'è.
- Cosa?
- Sto scoprendo il latino. Non avrei mai creduto di poterlo dire, ma la letteratura dell'ultimo anno è magnifica: Tacito è storto e imprevedibile come una canzone dei Sonic Youth, lo stile di Petronio mi fa lo stesso effetto di certi brani dei Pixies. 
- E chi sarebbero?
- Non li conosci, non è roba per te. Apuleio, sotto la sua apparenza frivola, è completamente marcio: non saprei quale colonna sonora abbinargli, forse qualcosa dei Velvet Underground, o forse lo Stabat Mater di Vivaldi: quella di Vivaldi è musica pagana travestita da sacra. Peccato averlo scoperto troppo tardi.
- Perché troppo tardi?
- Perché non posso dirlo all'unica persona alla quale importerebbe saperlo.
- Be', ma lo stai dicendo a me.
- Il fatto è che e te non importa niente della musica, non l'ascolti mai e non t'interessa parlarne.
- Se vuoi dire che non ascolto la tua, di musica, è la pura verità: i generi musicali che piacciono a te sono lontanissimi dai miei gusti.
- Ma tu ne hai? Voglio dire, dei gusti musicali tuoi.
- Io non sono un'intenditrice di musica: mi piacciono cose che tu giudicheresti troppo commerciali. 
- Non è detto. Prova a farmi qualche esempio.
- No, dai, mi prenderesti in giro.
- Io non prendo mai in giro le persone per i loro gusti. Allora? Cosa ti piace?
- Vuoi che ti citi un titolo?
- Sì, il primo che ti viene in mente.
- Wuthering Heights di Kate Bush.
- Quel pezzo nel suo genere è geniale, piace anche a me.
- E poi mi piace anche la disco music anni Ottanta. Non tutta, ma alcuni pezzi sì.
- Questo per me è già più difficile da digerire.
- Te l'avevo detto che ti avrei deluso.
- No, non mi hai deluso.
- Ad ogni modo non tergiversare: stavamo traducendo Catullo, va' avanti.
- Disgraziata, guai a te, che vita ti resta? Chi verrà da te adesso? Chi ti dirà sei bella? Chi amerai ora? A chi dirai sono tua? Chi bacerai? A chi morderai le labbra?
All'improvviso allontana il libro da sé, si alza ed esce dalla stanza.
- Dove vai?
- Al cesso.
Chiudo il libro con un sospiro e guardo fuori della finestra: piove a dirotto e l’oleandro rosa è sfiorito. 
La Contini, rispolverando Catullo per l’esame di maturità, mi ha creato un problema in più, anche se nel complesso la situazione scolastica di Emmanuel è discreta: con il greco e il latino se la cava, senza contare che la suddetta insegnante ha una evidente cotta per lui; i voti che gli regala, di solito ampiamente superiori a quelli che merita, sono una specie di premio per i suoi occhi blu.
Mentre attendo che ritorni ripercorro con la mente le settimane che ho trascorso con lui, cercando di tirare una specie di bilancio.
I primi giorni sono stati molto difficili. Emmanuel aveva sottovalutato gli effetti della dipendenza fisica, ma ha sopportato le crisi d'astinenza con molta forza d'animo. Lo sentivo attraverso la porta della sua camera da letto soffocare i gemiti nel cuscino; bussavo ed entravo con la scusa di portargli qualcosa, un tè, una spremuta d'arancia, una fetta di torta di mele fatta dalla mia mamma. Lui si tirava su a sedere e mi ringraziava. Spesso aveva il viso pallidissimo, la fronte imperlata di sudore, ma riusciva a darsi un contegno. Era sempre molto gentile e formale con me. Speravo che qualche volta mi chiedesse di sedermi sul suo letto, ma non lo ha mai fatto. Avevo incominciato a prendere la pillola di nascosto; precauzione inutile: non mi ha mai dato neppure un bacio.
I miei non hanno mai saputo la verità; ho spacciato il suo malessere per un grave esaurimento nervoso, ma non sono degli sprovveduti, intuiscono che c'è altro. Inizialmente erano diffidenti nei suoi confronti, ma poi il suo atteggiamento dolce e remissivo li ha rassicurati: Emmanuel è molto rispettoso nei confronti delle persone anziane, è uno dei lati più belli del suo carattere.
Quanto alla dipendenza psicologica, è tutta un'altra storia: è evidente che soffre ancora come un cane per quella donna. 
Per due mesi l'ho tenuto praticamente sotto chiave per impedirgli di fare qualche idiozia che altrimenti avrebbe fatto di sicuro: ho sequestrato il suo cellulare dicendo di averlo perso e gliene ho regalato uno nuovo, con un numero che lei non conosce; ho fatto disattivare le chiamate verso il numero di quella donna; più volte l'ho visto avvicinarsi di nascosto al telefono di casa, anche in piena notte; per impedirgli di telefonare staccavo la cornetta al piano di sotto, interrompendo la linea. Lei lo ha cercato due o tre volte, e questo mi ha allarmata molto, perché significa che in effetti c'è stata fra di loro una storia importante, ma le ho sempre fatto dire dalla cameriera che aveva sbagliato numero. Quella donna non ha il diritto di tormentarlo ora che si è sposata con un altro. 
Poi ho incominciato a concedergli qualche libertà, senza mai smettere di sorvegliarlo con discrezione; a volte, per distrarlo da quel pensiero ossessivo e tenerlo impegnato, lo mettevo a tagliare l'erba in giardino, ma dovevo farlo verso sera: Emmanuel è diventato fotofobico e la luce diretta del sole gli toglie il respiro, come ai vampiri. In camera sua tiene sempre le persiane chiuse e all'aperto indossa gli occhiali scuri. Ho letto che è un segno di grave disagio psichico.
Un giorno, in un indimenticabile crepuscolo di ottobre, mentre eravamo seduti in veranda, mi ha detto che non cercherà mai più di farsi del male. Finora ha mantenuto la promessa, ma è subentrato un problema più serio.
Emmanuel sta perdendo di vista il suo corpo, si sta progressivamente smaterializzando: diventa sempre più magro e pallido, si trascura, si è lasciato crescere i capelli fin sulle spalle e da qualche tempo li perde: anche oggi ce ne sono diversi sulla scrivania. Lo preferirei di gran lunga con i capelli corti: avrebbe un'aria più sana e attirerebbe di meno l'attenzione delle nostre compagne, delle quali sono immotivatamente gelosa. Dico immotivatamente perché Emmanuel non le degna d'uno sguardo: all'uscita della scuola c'incamminiamo sempre insieme verso la fermata dell'autobus, noi due soli. In quei momenti sono una ragazza molto invidiata. Peccato che non ce ne sia motivo. 
Passa le notti sveglio al computer a fare non so cosa (non abbiamo nessun collegamento a internet, e anche se lo avessimo l'avrei fatto disattivare), di giorno studia e ascolta musica. Mangia pochissimo: mia madre è un'ottima cuoca e non sa più cosa inventare per farlo mangiare, ma dopo un paio di bocconi lui dice che è già sazio. A volte si chiude in bagno e vomita quel poco che ha mangiato.
Tutto questo ha un nome: anoressia.
Di comune accordo con i suoi lo abbiamo messo in cura da un bravo analista; si è ribellato con tutte le sue forze, ma sono stata irremovibile.
Mi chiedo che stia facendo in bagno.
Vado in cucina e chiedo alla domestica di preparare un panino e una spremuta di arancia. Poi torno in camera e mi siedo a riflettere, in preda a una profonda amarezza. Temo di essermi imbarcata in un'impresa superiore alle mie forze: se non amassi quel ragazzo con tutta me stessa mi sarei già arresa. Vorrei capire la radice del suo male, ma è troppo al di là delle mie possibilità di comprensione.
Emmanuel sta bruciando la sua breve esistenza nel tentativo di comprendere quello che chiama “il senso”, come se tutto ciò che esiste dovesse avere un senso. Gli manca la capacità, che più o meno abbiamo tutti, di restare a galla sulla superficie delle cose. A soggetti come Emmanuel la cultura fa male: è stato un errore farlo studiare al classico.
Credo che il suo problema più serio sia il fatto di essere bello, di una bellezza che non passa inosservata e che lui vive nel più autolesionistico dei modi, come se la bellezza avesse anch'essa un senso recondito da scoprire a tutti i costi; la sua vita è una forsennata caccia a un tesoro inesistente.
In lui c'è qualcosa che mi attrae irresistibilmente e qualcosa che mi ispira un inconfessabile ribrezzo: quel suo lasciarsi andare, quel lasciar fare al corpo, così in contraddizione con la sua presunta sete di spiritualità. La verità è che, pur volendogli bene, non ho per lui più stima di quanta io ne abbia per un bambino che si fa la pipì addosso.
Probabilmente tutto questo è la conseguenza del rapporto morboso con quella donna che potrebbe quasi essere sua madre; ma se provo a immaginarli insieme, superando la gelosia e l’imbarazzo, le scene che si affacciano alla mia mente sono ridicole o banali. Da cosa era attratto? Non dal suo aspetto fisico: ci sono moltissime ragazze più giovani e più belle di lei. Dal piacere? Ma lo stile di vita di Emmanuel, negli ultimi tempi, è addirittura ascetico: sembra perfettamente a suo agio nella castità. Dalla trasgressione? Da cosa? Cosa gli faceva lei?
A forza di pensarci, però, ho incominciato a porre la questione in termini diversi: cosa gli faceva lei che non possa fargli anch’io? 
Peccato che io non abbia la più pallida idea di cosa lei gli facesse. Ma un sistema per saperlo c’è: farmelo dire da lui.
Il panino e la spremuta sono pronti da un pezzo, ma lui non esce ancora dal bagno. Sento l’acqua scorrere.
Nell’attesa sfoglio i suoi quaderni. Uno di essi, con la copertina di pelle nera e il bordo rosso, si apre quasi per caso. La scrittura è fitta e quasi illeggibile: è uno strano diario, ora in forma drammatica, ora di monologo interiore, ora di lettera, ora di immaginaria risposta, ora di racconto in terza persona, talvolta in forma pseudo-poetica. Alcuni brani sono concepiti come una sorta di strana sceneggiatura, con tanto di colonna sonora; non faccio in tempo a leggerli, perché la maniglia gira. Chiudo di scatto il quaderno. 
 
Lui rientra con gli occhi congestionati e i capelli appiccicati alla fronte dall’acqua con cui si è lavato il viso. Ha pianto, si vede. Fingo di non accorgermene e gli indico il panino e la spremuta.
- Ti ho fatto preparare qualcosa per la merenda.
- Grazie, non dovevi disturbarti.
- Nessun disturbo. Mangia, dai.
Lo guardo mangiare distraendolo con qualche chiacchiera di circostanza. Si fa così con gli anoressici, bisogna farli mangiare a tradimento.
- Vuoi stenderti un po’ sul letto? Mi sembri stanco.
- Sì, ho un forte mal di testa.
Si distende sul mio letto.
- Posso restare qui a leggere o ti dà fastidio?
- Come no, sei in camera tua.
Gli allontano dalla fronte i capelli bagnati. Trattiene la mia mano e la bacia.
- Sei molto cara.
Ho il cuore a mille.
Chiude gli occhi. Dopo qualche secondo dice:
- Catullo, carme 72.
- Come?
- Niente.
Rimango ferma così finché sento la stretta della sua mano allentarsi e lo vedo reclinare la testa di lato. Si è addormentato. Le sue labbra semiaperte accennano a tratti al gesto infantile del bambino che succhia il latte.
Spengo la luce ed esco in punta di piedi, richiudendo silenziosamente la porta alle mie spalle.