Emmanuel - The broken diary - Quinta e ultima stagione - Fifth and Final Season

4.17. Un ragazzo così perbene (Qualcosa incomincia a cambiare fra Emmanuel e Arianna) - VERSIONE CON ATTORI UMANI

Antonia Del Monaco

Ecco l'episodio che vi avevamo già presentato con AI, questa volta interpretato da attori umani.

L'ostinazione e la perseveranza di Arianna sembrano finalmente far breccia in Emmanuel: il ragazzo incomincia a sorridere di nuovo alla vita, sia pur per gradi e con un po' di fatica. Intanto Arianna deve fronteggiare l'opposizione dei suoi genitori, che, pur essendosi affezionati ad Emmanuel, sono molto perplessi circa un rapporto sentimentale fra i due.

Gli interpreti sono Elisa Gandolfi e Paolo Malgioglio.

La colonna sonora è composta da cover e brani strumentali di "Isle of Islay" e di "Mellow Yellow" di Donovan.

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Here is the episode we had already presented to you with AI, this time played by human actors.

Arianna's stubbornness and perseverance finally seem to make an impression on Emmanuel: the boy begins to smile at life again, albeit gradually and with some difficulty. Meanwhile, Arianna must face the opposition of her parents, who, despite having grown fond of Emmanuel, are very perplexed about a romantic relationship between the two.

The performers are Elisa Gandolfi and Paolo Malgioglio.

The soundtrack is composed of covers and instrumental tracks of "Isle of Islay" and "Mellow Yellow" by Donovan.

Un ragazzo così perbene
- Ma le pare, signora? Un ragazzo così perbene. Si figuri che di quello che gli mandate non tocca niente,
dice che è tutto a nostra disposizione. E poi sa come si dice da noi, dove si mangia in tre si mangia in quattro. A proposito di mangiare, quel povero figliolo vive d'aria, mangia quanto un uccellino. Adesso però va meglio, stia tranquilla. Anche a scuola son tutti contenti, sono stata a parlare con i professori la settimana scorsa. Sì, non si preoccupi, le faccio telefonare appena torna, ora è dallo psicologo. Ma di nulla, signora, è un piacere per me. A risentirci.
Riattacca e si volta verso di me. La sua espressione cambia di colpo.
- Arianna.
Non rispondo; i miei occhi percorrono le volute degli arabeschi della tappezzeria damascata.
- Lo sai che il babbo ha ragione.
Mio padre mi guarda. Non l'ho mai visto così vecchio: la dentiera gli traballa leggermente mentre mi
parla:
- Arianna, io gli voglio bene a quel ragazzo, lo sai. Mi sono affezionato a lui come a un figlio, e so che
anche lui mi vuole bene. Ma siamo anziani, non abbiamo che te al mondo: non siamo tranquilli.
La sua mano si posa sul mio braccio. Sottraggo il braccio.
- Certo, babbo, - rispondo con sarcasmo - cosa c'è di meglio di una tomba per stare tranquilli?
Mi alzo, corro in camera mia e mi butto sul letto a faccia in giù. Mia madre mi raggiunge, si siede vicino
a me e mi accarezza la schiena.
- Quel ragazzo è educato e di buon carattere, sa farsi voler bene, ma ha qualcosa che non va, Ariannina.
È troppo pallido e magro, se ne sta sempre rintanato in camera sua con le persiane chiuse. Sembra che
abbia paura dell'aria aperta. E poi se stesse bene non avrebbe bisogno dello psicologo, ed è già il secondo
che tenta di aiutarlo: il dottor De Martino ha gettato la spugna.
- Ha sofferto molto, mamma, per questo è strano. Ma sta guarendo, fa progressi.
- Io non ne vedo, di progressi. Mangia un po' di più, questo sì, ma per il resto è sempre uguale. E poi non
ride mai. Com’è possibile che un ragazzo della sua età non rida mai?
- Cosa vuoi fare, mandarlo via perché non ride?
- No, che c'entra?
- Magnifica idea, così perde un altro anno di scuola. E a me non ci pensi?
- Non è che voglio mandarlo via, ci mancherebbe altro. Gli vogliamo bene anche noi, a quel figliolo. È solo
che...
- È solo che non dovrei volergliene io.
Sospira, scuotendo la testa.
- Devi mettere giudizio, Arianna. Essergli amica va bene, ma guai se ti metti in testa di innamorarti di
uno come lui.
- Mamma, non si può scegliere di chi innamorarsi. Quanto al mettere giudizio, ti ricordo che da ragazza
sei scappata di casa per andare a vivere con papà. E avevi solo sedici anni.
Sorride, nonostante tutto, a quel ricordo.
- Facevo dei segnali dalla finestra a tuo padre con la lampada: tre volte per il no e due per il sì. Se era sì
lui sapeva che ero sola e si arrampicava sul glicine per raggiungermi in camera mia. Poi ci hanno scoperti
e mi hanno messa sotto stretta sorveglianza, con una domestica che dormiva nella stessa camera. Allora
una notte, mentre lei era addormentata, mi sono calata dalla finestra con una corda, a rischio di
rompermi l'osso del collo. Alla fine mi sono lasciata andare come un sacco di patate: per fortuna il glicine
ha attutito la caduta. Tuo padre è stato pronto a raccogliermi e siamo scappati insieme.
- Che graziosa scenetta. Immagino che i nonni fossero contenti di avere una figlia così giudiziosa.
- Ma per me era diverso, Ariannina.
- Certo, come no: per gli altri è sempre diverso.
- Che potevo fare? Mi avevano messa con le spalle al muro: in famiglia volevano tutti che sposassi il figlio
dell'avvocato Landi di Scandicci, ma a me non mi piaceva proprio, anche se era un ragazzo così perbene.
- Non ci s'innamora dei ragazzi perbene, mamma.
L'ho messa anch'io con le spalle al muro. Sospira di nuovo.
- Che ti devo dire? Inutile ragionare con un innamorato, ci sono passata anch’io e lo so troppo bene.
Cerchiamo solo di stare attenti tutti quanti.
- Certo, mamma.
Mi accarezza i capelli con la sua grossa mano che sa di basilico e rosmarino.
- Ti ricordi quello che diceva la nonna buonanima? Per capire se un uomo ti piace davvero, devi
immaginarlo mentre spinge una carriola nudo in salita.
Scoppio a ridere mio malgrado.
- Che immagine stupida! Comunque Emmanuel mi piacerebbe lo stesso anche nudo, in salita e con la
carriola. Mi farebbe un po' ridere, ma mi piacerebbe lo stesso.
- Senti, mi è venuta un'idea: perché non provi a parlarne con don Luciano? È parroco a San Lorenzo
adesso, sta preparando il centro estivo per i bambini. Portaci anche lui.
- È una cattiva idea, mamma: i preti non gli piacciono.
- Ma don Luciano è diverso, lo sai: ci sa fare con i ragazzi. Inventa una scusa, digli che vuoi fare una
scampagnata.
- Sì, forse la scampagnata può funzionare: sta incominciando ad uscire di nuovo, basta fargli mettere gli
occhiali da sole.
- Perfetto, allora provaci.
- Lo faccio stasera stessa, mamma. Grazie dell'idea.
- Prego, figurati. Ti va se ti preparo un frappé alla fragola?
- Alla vaniglia, per favore.
- Fortuna che non hai la mia tendenza a ingrassare.
- Grazie, mamma.
Mi siedo sul letto, mi soffio il naso con il fazzoletto che lei mi porge e la guardo allontanarsi verso la
cucina con la sua andatura caracollante da obesa.
Essere figlia unica di genitori anziani comporta qualche innegabile vantaggio.
...
- Allora Ariannina, posso contare su di te per il centro estivo?
- Certo, don Luciano, come tutti gli anni. Appena avrò dato l'esame: se tutto va bene, s'intende.
- Conoscendoti andrà benissimo.
- Speriamo. Studiare ho studiato.
Si asciuga il faccione rubicondo con un fazzoletto di stoffa a quadri e mi fa un largo sorriso.
- Posso contare anche su quel ragazzo?
Indica Emmanuel che, seduto a cavalcioni del muretto, sta prendendo il sole davanti alla chiesa, con la
schiena appoggiata al tronco di un ippocastano. Noto con sollievo che ormai si è quasi riconciliato con
la luce diurna, sia pur protetto dallo schermo dei suoi inseparabili occhiali scuri; la sua pelle chiarissima,
non più abituata ai raggi del sole, si è subito arrossata.
- Non lo so, don Luciano: proviamo a chiederglielo.
- Come si chiama?
- Emmanuel.
- Ehi, giovanotto!
Non capisco perché mi abbia chiesto il suo nome, visto che poi lo apostrofa in quel modo generico; forse
il nome Emmanuel lo imbarazza, gli evoca ricordi biblici: non è l’unico al quale quel nome fa questo
effetto, l’ho constatato in diverse circostanze. Emmanuel si volta a guardarlo.
- Dice a me, padre?
- Sì, ragazzo. Vieni qua, ho una proposta da farti.
Colto di sorpresa, per un attimo Emmanuel rimane interdetto. Poi scende dal muretto, si avvicina a noi
e, appena raggiunta una zona d'ombra, si toglie gli occhiali da sole, rivelando impietosamente le occhiaie
che ancora gli segnano il volto. Dal mio punto di vista accentuano il suo fascino, ma suppongo che don
Luciano non la pensi allo stesso modo.
- Che ne diresti di darci una mano al centro estivo? Niente paura, abbiamo dei bambini simpatici e
rispettosi qui in paese: è tutta gente all’antica.
Emmanuel esita. Poi, notando la mia mimica facciale, risponde:
- Lo farei volentieri, don Luciano, ma non so da che parte incominciare: non ho nessuna esperienza di
centri estivi e non mi sono mai occupato di bambini.
- C’è sempre una prima volta, ragazzo mio: e poi ti aiuterebbe questa signorina qui, scusa se è poco.
Emmanuel si stringe nelle spalle sorridendo.
- Posso provarci: non le garantisco nulla, ma posso provarci.
- Ad ogni modo c'è ancora tempo, puoi pensarci con calma.
- Ci penserò, don Luciano, glielo prometto.
Don Luciano gli posa sulla spalla la mano tozza e robusta da prete operaio:
- Bravo ragazzo.
Entro con lui in sacrestia per prendere gli ultimi accordi. L'atmosfera è quella di sempre, rassicurante: i
soliti muri di pietra, i soliti mobili scuri un po' campagnoli, il solito odore d'incenso e di muffa. La
confortante prevedibilità delle cose sempre uguali. Mentre mi congedo mi butta lì una domanda:
- Ariannina, ma dove l'hai conosciuto quel ragazzo? Non è di qui, si sente dall'accento.
- A un matrimonio di amici. Viene dal Piemonte, ma è mezzo olandese.
- È un gran bel ragazzo, non c'è che dire, ma lo vedo troppo pallido e magro. E poi quelle occhiaie... cos'ha,
non sta bene di salute?
- È convalescente da un forte esaurimento nervoso, ma si sta rimettendo in fretta.
- Ad ogni modo, se esce con te, sarà sicuramente un ragazzo perbene.
- Don Luciano, lei mi conosce: se fosse un cattivo soggetto non lo frequenterei.
- Già. Sei sempre stata una ragazza con la testa sul collo.
Mi dà un buffetto sulla guancia.
- Salutami il tu’ babbo e la tu’ mamma. E mi raccomando, eh: niente colpi di testa.
- Si figuri, don Luciano, le sembro tipo da colpi di testa?
- No, certo che no, ma non si sa mai. A presto, Ariannina.
- Arrivederci, don Luciano.
I soliti muri di pietra, la solita muffa, la solita atmosfera deprimente: la detestabile prevedibilità delle
cose sempre uguali.
Esco all'aperto. La giornata è fresca e soleggiata, i colori netti, la pietra grigioazzurra della chiesa
imprigiona le sfumature della luce, il cielo è di un blu profondo, l'aria è piena dei canti degli uccelli,
Emmanuel sta sdraiato sul muretto all'ombra di un maestoso tiglio secolare: è tutto assolutamente
perfetto.
Mi avvicino di soppiatto e gli faccio il solletico sulla pancia. Afferra la mia mano ridendo, si alza e mi
circonda le spalle con un braccio. Lo allontano un po’ da me e gli impedisco di darmi un bacio, perché
don Luciano ci sta spiando dalla finestra della sacrestia. C'incamminiamo verso l'automobile.
Non vedo l'ora di restare sola con lui. Mi guarda le gambe con la coda dell’occhio, ho messo i tacchi alti
apposta.
Un ragazzo così perbene...