Emmanuel - The broken diary - Quinta e ultima stagione - Fifth and Final Season

5.2. Reptilia II: Emmanuel sente che qualcosa non va (...e Frédéric decide di sposarsi)

Antonia Del Monaco Season 5 Episode 2

Il rapporto fra Emmanuel e Arianna va facendosi più solido e profondo: i due ragazzi tornano di nuovo alla chiesetta di campagna per cercare un po' di intimità; qui Emmanuel incomincia ad aprire ad Arianna il suo cuore e a parlarle della sua ossessione per il bello e della sua incapacità di vivere senza capire "il senso". 
Nel frattempo il rapporto tra Antonia e Frédéric sembra essere arrivato al capolinea: l'uomo, innamorato di una nobildonna svizzera, ha deciso di sposarsi e si congeda dalla sua amante. 
Gli interpreti sono Paolo Malgioglio e Elisa Gandolfi. 
La colonna sonora è costituita da una versione strumentale di "Gavilan" degli Interpol. 
... 
The relationship between Emmanuel and Arianna becomes stronger and deeper: the two young people return to the country church to seek some privacy; here Emmanuel begins to open his heart to Arianna and to talk to her about his obsession with beauty and his inability to live without understanding "the meaning".
In the meantime, the relationship between Antonia and Frédéric seems to have reached the end of the line: the man, in love with a Swiss noblewoman, has decided to get married and says goodbye to his lover.
The interpreters are Paolo Malgioglio and Elisa Gandolfi.
The soundtrack consists of an instrumental version of "Gavilan" by Interpol.


(Pieve Santo Stefano, 6 aprile 1997)

Siamo di nuovo alla nostra chiesetta, distesi nel prato al riparo dagli sguardi indiscreti.

- È stato bellissimo, Emmanuel: voglio rifarlo subito.

- No Arianna, per oggi basta, davvero. Non bisogna esagerare.

Il suo tono è paterno, quasi severo: non oso contraddirlo. Mi rendo conto che ha pensato solo a me.

- E tu? - gli chiedo.

Sorride:

- Io sto bene così. Sul serio, sto benissimo.

Non dovrebbe funzionare così. Un uomo non dovrebbe riuscire a controllarsi tanto facilmente se fosse veramente coinvolto nel sesso. Sto per dirglielo, ma poi vedo la sua espressione, bellissima, e lascio perdere.

L'angelo caduto si è deciso a riaprire la scatola dei ricordi e a tirare fuori il suo vecchio armamentario; ha ritardato un po' il momento di risalire alle stelle ed è tornato fra i comuni mortali.

Non ho capito bene cosa mi sia successo poco fa: ad un certo punto è stato come se un'onda calda mi sollevasse in alto e poi mi travolgesse e mi facesse planare con un ritmo regolare. È stato bellissimo. Anche a lui dev'essere piaciuto vedermi così: mi guarda con l'espressione dolce e appagata di chi ha fatto qualcosa di buono e bello. All'improvviso però lo vedo irrigidirsi: i suoi occhi diventano quasi viola, assumono una fissità irreale.

- Non muoverti.

Mi prende in braccio con una lentezza e una cautela inspiegabili, poi, in una strana scena al rallentatore, fa qualche passo indietro, poi di colpo incomincia a correre. Arrivato davanti alla pieve rallenta e fa per posarmi a terra, ma uno sguardo ai miei tacchi alti gli fa cambiare idea. Mi stupisce la forza del suo fisico debilitato. Mi porta in braccio fino alla macchina, mi adagia sul sedile e si lascia cadere al posto di guida, ansante e sfinito. Non faccio domande, aspetto che spieghi. Riprende fiato.

- C'era una vipera dietro di te, sul muretto.

Un brivido di orrore mi attraversa.

- Oddio... Chissà da quanto tempo era lì.

- Da un bel po', temo. Si sarà goduta tutta la scena.

- Speriamo almeno che le sia piaciuta.

Reclina entrambi gli schienali, si distende accanto a me e mi prende una mano. 

-  Questo posto è perfetto per noi, vipera a parte. Ti piacerebbe sposarti qui? - gli chiedo.

- Sposarmi?

- Dico per dire. A me sì. Io vorrei sposarmi in un posto come questo con un abito bianco lungo, anche se non sono più vergine per colpa tua. 

- Colpa mia, già.

- Mi hai violentata quella notte di dicembre.

- Curioso, mi pare di ricordare il contrario.

- E poi vorrei che suonassero l’Ave Maria di Schubert, un classico.

- Ho sempre pensato che la musica perfetta per un matrimonio sia una canzone di qualche anno fa: se vuoi quando arriviamo a casa te la faccio ascoltare.

- No, dai, non se ne parla neanche: per un matrimonio ci vuole Schubert. Poi vorrei un bouquet di narcisi, i miei fiori preferiti, invece delle solite rose. Come testimone vorrei mia cugina Letizia, la figlia di zia Giovanna; il bouquet lo butterei a lei, naturalmente: non vede l’ora di trovare un fidanzato, e forse adesso che si è tolta l’apparecchio per i denti ci riuscirà. Tu chi vorresti come testimone?

- La vipera: ormai sa tutto di noi.

- Non parlavo mica del nostro matrimonio: era un’ipotesi generica. Prima o poi mi sposerò.

- Io sono allergico ai matrimoni, Arianna, dovresti saperlo: è a un matrimonio che ci siamo conosciuti. Non riesco a collegare il matrimonio con l'idea del bello.

- In che senso?

- Il pensiero della bellezza mi ossessiona da sempre. Continuo a chiedermene il senso.

- La tua bellezza?

- La bellezza in generale, e poi anche la mia, ammesso che io sia bello. 

- Evita la falsa modestia: lo sai che sei bello.

- A maggior ragione vorrei capire che senso abbia la bellezza. Perché deve avere un senso, anche a prescindere da Platone. È un privilegio effimero, dura quanto la vita di una farfalla, ma finché lo possiedi sembra che tutto ti sia lecito: è un errore di prospettiva gravissimo, ma di fatto la gente si comporta come se questo fosse vero. Mi domando perché, cosa avverta la gente di così importante nella bellezza.

- Probabilmente le piace e basta, senza tanti problemi.

- No, Arianna, non banalizzare. C'è una ragione profonda se il bello ha questo effetto sulle persone. Se fosse così semplice Platone non ci avrebbe costruito su un intero sistema filosofico. Facci caso: se uno s’innamora di una persona brutta è tenuto a dare delle giustificazioni al mondo: è buona, è simpatica, è intelligente eccetera. Se è stupida e cattiva, ma bella, non deve giustificare niente a nessuno.

- Sì, è vero, e questo vale soprattutto per le donne. Basta accendere il televisore per rendersene conto: i presentatori possono essere come gli pare, anche vecchi, grassi e brutti, le donne invece sono obbligate ad essere carine. Anche in politica è lo stesso: nessuno si chiede che ci stanno a fare lì le donne, se sono belle. Gli uomini brutti, stempiati e con la pancia trovano ovvio circondarsi di belle ragazze: chissà perché non vale il contrario.

- Perché è il maschio che domina, in questa società di imbecilli. Comunque quello che mi pongo è un problema più generale: tutti noi, quando vediamo una farfalla, siamo contenti, quando vediamo un ragno invece ci viene voglia di schiacciarlo. Se in piscina vedi una coccinella la tiri su col retino, se vedi un insetto brutto lo lasci affogare. È solo con uno sforzo di razionalità che puoi evitarlo, ma l'istinto ti porta ad agire così. Cosa ne deduci?

- Cosa dovrei dedurne?

- Che il bello e il bene non sono la stessa cosa. L'amore tende al bello, ma non necessariamente tende al bene: o non è vero quel che dice Platone, o sono io che non capisco.

- A meno che per bello non s'intenda qualcosa di più profondo del bello estetico.

Scuote la testa.

- Ma questo è un passaggio successivo. Fermiamoci alla base, al principio di tutto. Sii sincera, Arianna: quando mi hai conosciuto ero un tossico, marcio e depresso, ma tu hai sentito l'esigenza di tirarmi su col retino. Ero una cimice, ma hai visto una coccinella. Se fossi stato brutto mi avresti tirato su?

- Non ci ho mai pensato - rispondo diplomaticamente.

- Bugiarda. Sai benissimo cos'avresti fatto: mi avresti lasciato affogare. Probabilmente avresti fatto bene, ma non è questo il punto: il succo del discorso è che mi hai salvato perché ero bello.

- È vero, all’inizio ti ho notato per la tua bellezza, ma col tempo ho imparato ad apprezzarti per quello che sei.

Si volta a guardarmi ironico.

- E cosa sono?

- Io ti trovo molto bello dentro, Emmanuel.

- Vuoi dire che trovi bella la mia anima?

- Sì, davvero.

Scoppia a ridere.

- Hai un modo adorabile di sparare cazzate. Io faccio schifo, Arianna. Non sai quante volte mi sono vergognato di me stesso. Ci sono persone che non hanno bisogno di cercare il senso della vita, lo trovano nella vita; hanno tutto quello che serve per avere successo: superficialità e disprezzo. E poi ci sono persone che il senso lo trovano nel dedicare la loro vita al prossimo, come te e Don Luciano. Io non riesco a fare né l'una né l'altra cosa: ci ho provato, credimi, ma proprio non ci riesco. Non sono abbastanza superficiale da accontentarmi delle convenzioni sociali né abbastanza generoso da dedicare la mia vita agli altri. Sono in una posizione di stallo assoluto.

- Puoi provarci, Emmanuel: il centro estivo può essere un inizio.

- Non si tratta di questo, Arianna: non riesco a farmi capire. Il centro estivo lo farò, ma non cambia niente. Io ammiro le persone che si sforzano di fare del bene agli altri, ma mi domando cosa succederebbe a queste persone se il male non esistesse. Perderebbero la loro ragione di vita? Allora cosa vuol dire, che il male è necessario per dare un senso alla loro vita? Ma è assurdo: il senso, se c'è, uno dovrebbe trovarlo in se stesso, non nell'andare in cerca del male degli altri per tentare di eliminarlo. In questo modo si diventa parassiti del male e si finisce per coltivarlo, non ti pare?

- Ti stai facendo un mucchio di problemi inutili, Emmanuel. Io non so perché faccio l'animatrice in parrocchia, so solo che lo faccio volentieri e mi fa sentire bene.

- Lo faccio volentieri anch'io, ma non è stata una mia iniziativa, capisci? Vado a rimorchio, vado dove mi trascini tu. A me non verrebbe mai in mente di fare una cosa del genere. 

- Allora cerca di prenderla tu, qualche iniziativa.

- Ed eccoci al punto: io credo di non avere mai avuto un'iniziativa in vita mia, a parte quelle che me l’hanno distrutta.

- Forse non hai ancora trovato la tua strada. Credo che dovresti fare l’artista.

- Non ho nessun talento, Arianna: se ne avessi farei il musicista, l’unica cosa che mi interessa veramente.

- Scrivi bene.

- Che ne sai?

- Mi è capitato di leggere qualcosa di tuo.

- Cosa hai letto?

- Qualche tema, roba del genere.

- Quello che scrivo riguarda solo me e al limite lo psicologo.

- Ti sbagli, potrebbe interessare anche ad altri.

- Non ho mai pensato di pubblicare qualcosa, non m’importa di avere successo. Lo spelling di success è suck-sess.

- Chi l’ha detto?

- Una persona che mi era cara. Per amare bisogna essere completamente vivi, Arianna. Non farti ingannare dalle apparenze: io non sono più vivo di uno sopravvissuto a una catastrofe nucleare. Contaminato, nella migliore delle ipotesi.

- Guarirai.

- Tu non mi hai conosciuto prima: non ero molto diverso, solo più ingenuo. Sono sempre stato così, uno che non riesce a vivere se non capisce il senso.

- Perché non ti ponevi questi problemi con lei?

- Perché con lei mi sembrava di avere trovato il senso.

- Ma il senso di cosa?

- Il senso del dolore senza senso.

- Non capisco cosa intendi.

Sospira profondamente.

- Te lo spiego con un esempio. La volta scorsa, mentre guidavo per venire qui, cercavo di evitare le lucertole che prendevano il sole sull'asfalto. Per un po’ ci ho provato, poi tu mi hai detto che ti era venuta la nausea perché guidavo male e mi hai chiesto di smettere: allora ho cominciato a tirarle sotto cercando di non pensarci. Ad un certo punto mi sono trovato davanti un ramarro: l'ho scambiato per una foglia, mi sono accorto troppo tardi che era vivo e mi guardava. Non sono riuscito ad evitarlo, gli ho schiacciato la testa con una ruota. Nel retrovisore ho visto il suo corpo semivivo che si dibatteva. Queste cose mi fanno impazzire.

- Emmanuel, era solo una lucertola verde un po' cresciuta.

- La vita è vita, Arianna: o è tutta rispettabile o non lo è. Se piangi perché muore un bambino e poi schiacci senza rimorso una lucertola vuol dire che non hai capito niente: piangi solo perché quel bambino appartiene alla tua specie, e questo con la moralità non c'entra un cazzo.

- Allora anche quando mangi un pollo è la stessa cosa.

- Infatti è per questo che ho dei problemi con il cibo. La colpa è anche dei filosofi e dei teologi.

- Che c'entrano i filosofi e i teologi?

- Hanno giustificato un crimine assurdo: si sono inventati che l'uomo è il re del creato, la cosa più stupida che io riesca a immaginare. In questo modo ci hanno fornito un alibi mostruoso: maltrattiamo, torturiamo, ammazziamo, ma va bene così, basta che non facciamo del male ad altri esseri umani.

- Facciamo un sacco di male anche agli altri esseri umani, Emmanuel.

- Sì, ma la legge e la religione ci puniscono per questo, almeno in teoria. Per il male fatto alle altre creature non è prevista nessuna punizione, non dobbiamo neppure confessarci: siamo degli assassini ma ci sentiamo assolti. Quello che chiami religione è tutto costruito su questo ridicolo assioma, mentre io non vorrei fare del male neppure a una mosca. Se anche tutto il genere umano fosse sterminato da una catastrofe, in ogni caso non pagheremmo mai abbastanza per le nostre colpe. Non parlo delle colpe che abbiamo gli uni verso gli altri, quello in un certo senso è un regolamento di conti interno al nostro clan: parlo delle colpe che abbiamo nei confronti del resto del creato.

- È la legge della vita, Emmanuel, la religione non c'entra: è la natura che ha deciso che il più forte vinca.

- Sì, ma chi è il regista, Arianna?

- Che vuoi dire?

- Chi c'è dietro tutto questo? La legge della natura non ha niente a che vedere con quello che sta scritto nei Vangeli e con il comune senso di giustizia: la natura è stata creata da un altro Dio?

- No, è impossibile: Dio, se esiste, è uno solo.

- Dio non ne sa niente? O non può farci niente? È assurdo: non sarebbe onnisciente e onnipotente. Allora la legge di natura l'ha voluta lui.

- Sì, per forza.

- Ma io questa legge non la capisco e non la condivido: perché dovrei accettarla? La gente fa figli senza pensarci, sono tutti contenti quando nasce un bambino, fanno festa come se fosse successa una bella cosa, mentre io provo un senso di terribile angoscia. Hai presente quella pubblicità dove si vedono solo bambini biondi, donne incinte, mariti soddisfatti e nonni scemi? Quanto si deve essere banali per apprezzarla? Eppure, se la trasmettono da anni, vuol dire che funziona.

- Hai ragione, è banale.

- Non darmi ragione, non sono così presuntuoso da pensare che sia tutto il resto ad essere sbagliato: sono io che sono sbagliato. Ribellarsi alla vita non serve, tanto vale viverla con semplicità, se uno ci riesce. Il punto è che io non ci riesco.

Noto che gli sono apparse delle chiazze rosse sul viso: si sta agitando troppo.

- D'accordo, - gli dico dolcemente - ora però rilassati.

Appoggia di nuovo la testa contro lo schienale e respira profondamente, calmandosi a poco a poco.

...

San Mauro Torinese, 6 aprile 1997, ore 22.

- Il Carrera l'ho portato a lavare: pensavano che ci avessi trasportato un cadavere tagliato a pezzi. Comunque è tornato come nuovo.

- Grazie di tutto, Freddy, sei stato meraviglioso. 

- Non avrei mai pensato di cavarmela come levatrice: è un lavoro schifoso, ma ha la sua utilità. È venuto bene il bambino: tremilacinquecento grammi e cinquanta centimetri, tutto nella norma.

- Sì, è bellissimo. Avrà i capelli rossi come me e gli occhi blu di suo padre.

- E così adesso non sei più sola.

(Silenzio)

- Devo dirti una cosa, sorellina.

- Dimmela.

- Sono innamorato.

- Lei chi è?

- Mathilda Battenberg. Una contessa svizzera.

- È bella?

- Bellissima, distante, inavvicinabile. Una vera principessa. Elegante come un cigno, fredda come il ghiaccio, algida, anaffettiva, senza emozioni. Indifferente al sesso, ai muscoli e ai dopobarba.

- Il solo tipo di donna che tu possa amare.

- Infatti. Mi sposo fra quindici giorni.

(Silenzio)

- Mi dispiace, sorellina.

(Silenzio)

- Mi ero affezionato a te, ma l'amore è un'altra cosa.

- Lo so. L'ho sempre saputo.

- E adesso cosa farai?

- Adesso? Allatto il bambino.

- Io non posso assistere, immagino.

- No. Ti accompagno alla porta.

- Non credo che ci rivedremo, sorellina.

- Addio, Freddy. Grazie di tutto.