Emmanuel - The broken diary - Quinta e ultima stagione - Fifth and Final Season

5.4. Reptilia III: Il serpente dell'Eden (L'eresia di Emmanuel... e una proposta shock)

Antonia Del Monaco Season 5 Episode 4

Siamo giunti ad uno degli episodi chiave della storia di Emmanuel: per la prima volta, dopo un lungo silenzio che gli è servito per rielaborare il suo vissuto, il ragazzo espone a cuore aperto le sue angosce, le sue paure infantili e il suo credo eretico.
Arianna lo ascolta e tenta di confortarlo, un po' impaurita dalla sua visione della vita ma ben decisa a rimanergli vicino. 
Alla fine Emmanuel prende una decisione importante e inaspettata, che la spiazza completamente. 
Gli interpreti sono Elisa Gandolfi e Paolo Malgioglio. 
La colonna sonora è composta da "Heidsecks Chords" tratto da "Heretics" di Anne-James Chaton e una cover di "Dream Operator" dei Talking Heads. 
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We have come to one of the key episodes in Emmanuel's history: for the first time, after a long silence that has helped him process his experiences, the boy openly exposes his anguish, his childhood fears and his heretical beliefs.
Arianna listens to him and tries to comfort him, a little scared by his vision of life but determined to stay close to him.
In the end Emmanuel makes an important and unexpected decision, which completely displaces her.
The performers are Elisa Gandolfi and Paolo Malgioglio.
The soundtrack is composed of "Heidsecks Chords" from "Heretics" by Anne-James Chaton and a cover of "Dream Operator" by Talking Heads.

(Pieve Santo Stefano, 15 giugno 1997)

- Fra pochi giorni abbiamo l'esame di Maturità, Emmanuel: ti senti pronto?

- In tutta sincerità non me ne frega niente. Comunque sì, mi pare di essere abbastanza pronto. 

- Perché sei così negativo oggi?

- Non lo so. Fa caldo, un caldo esagerato per l'inizio di giugno.

- E questo ti mette di cattivo umore?

- Sì. Ma non è solo questo.

- Non ti piace più venire qui alla chiesetta con me?

- Certo che mi piace, ma oggi mi sento come se tutti i miei vecchi problemi mi fossero ripiombati addosso. Non lo so, ho una strana sensazione, come se in questo momento stesse succedendo qualcosa di brutto.

- È solo una sensazione, Emmanuel. Rilassati.

Respira profondamente.

- Torniamo alla macchina, per favore: senza l'aria condizionata mi sento soffocare.

Ci alziamo e raggiungiamo la Volvo, parcheggiata davanti alla pieve all'ombra di un grande leccio; ma il calore dentro è insopportabile, e solo dopo una decina di minuti il condizionatore riesce ad abbassare la temperatura di qualche grado. Ci distendiamo sugli schienali reclinati. 

- Per fortuna il sole è tramontato e si è alzato un venticello tiepido: l'aria si sta un po' rinfrescando - gli dico.

- Spegni il motore, allora, e apriamo tutti i finestrini. È davvero antiecologico quello che stiamo facendo, oltre che antieconomico.

- Speriamo che non arrivino le zanzare.

Tra l'effetto del condizionatore, l'ombra del grande albero e la brezza della sera che entra dai finestrini aperti, finalmente si respira.

Emmanuel rimane ad occhi chiusi per qualche minuto, poi dice all'improvviso:

- Io non volevo nascere.

Presa alla sprovvista, ribatto:

- Nessuno sceglie di nascere.

- Non è detto, stando al mito di Er. 

Rimane in silenzio per un po' e poi riprende a parlare.

- Posso raccontarti una cosa che non ho mai detto a nessuno?

- A nessuno? Neppure a lei?

- No. Neppure a lei.

- Ti ascolto.

Incrocia le braccia sul petto, una posizione di inconscia autodifesa, e abbassa lo sguardo. Poi inizia a parlare con fatica, facendo spesso delle pause.

- Avevo sei anni quando Zia Luisa, la sorella di mio padre, si ammalò di cancro al seno. Era una donna dolcissima, la mia zia preferita. Aveva trentotto anni. Sentivo mio padre e mia madre nella stanza accanto che confabulavano con mio fratello della zia che stava morendo. Dicevano che era devastata dalla sofferenza e parlavano sottovoce, capisci? Perché io non dovevo sentire, non dovevo sapere, non dovevo capire in che maledetta trappola mi avessero cacciato mettendomi al mondo. 

Si blocca, come se avesse cambiato idea e non volesse proseguire il racconto. Non sapendo che fare, gli appoggio una mano sull'avambraccio. Ricomincia a parlare.

- Mi è rimasto impresso tutto di quel momento: le voci dei miei, il pavimento di marmo gelato, il tappeto persiano su cui ero seduto, la vetrina con le maioliche e le statuette di giada davanti a me, l’argenteria sui mobili, il ruvido della fodera di seta ricamata del divano contro la mia guancia. Fissavo la specchiera e dentro la cornice barocca vedevo un bambino raggomitolato in un angolo vicino al termosifone, circondato da un lusso sfacciato e impotente, che non poteva proteggerlo da nulla. A un certo punto ho sentito la voce di mio fratello che mi chiamava.

- Tuo fratello ti vuole bene, Emmanuel.

- Forse, non lo so. In quel momento l'ho odiato. Ho capito che mi stava cercando e io non volevo che mi trovasse. 

- Perché?

- Perché lo odiavo. Li odiavo tutti. Appena ho visto mio padre e mia madre entrare nella stanza mi sono messo a urlare. Mia madre si è spaventata, si è chinata ad abbracciarmi e io l'ho picchiata con tutta la violenza di cui ero capace, in faccia e sulle spalle. Poi sono scappato in giardino e mi sono messo a correre senza sapere dove andavo. Ho raggiunto il capanno degli animali in fondo al prato, ho aperto una gabbia e mi sono nascosto tra i conigli. 

- Tra i conigli?

- Sì. Mi facevano sentire bene, protetto. Mi sono addormentato in mezzo a loro, con la testa appoggiata sulla loro pelliccia. Era calda e confortevole. Hanno capito la situazione, sai? Nessuno di loro ha tentato di mordermi. Quando mi sono svegliato ho aperto tutte le gabbie e li ho fatti scappare; alcuni erano così stupidi che volevano tornare in gabbia per farsi ammazzare dagli umani: ho scacciato quegli sciocchi animali e li ho inseguiti fin nel bosco minacciandoli con un bastone.

Sorride amaramente a quel ricordo.

- Questo è tutto.

Gli accarezzo una mano.

- Hai perso la fede troppo presto, Emmanuel.

- Magari l’avessi persa.

- Che intendi dire?

- Non ho mai creduto che Dio abbia fatto l’uomo a sua immagine e somiglianza, ma non riesco a credere neppure il contrario, quello che dicono gli atei: cioè che Dio l’abbiamo inventato noi. Un mio amico che si chiamava Antonio diceva sempre questo, ma io non gli ho mai creduto. Forse il Dio padre, il Dio misericordioso, quello sì, l’abbiamo inventato noi: siamo tutti bambini di fronte al dolore, desideriamo tutti un padre che ci protegga. Ma quello che ha creato il mondo e lo domina, chiunque sia, esiste, ed è visibile attraverso le sue stesse leggi: leggi matematiche, leggi fisiche, la sezione aurea, la legge del più forte. Bisogna essere davvero stupidi per credere che tutto questo si sia prodotto per caso. Perfino Newton la pensava così.

- Quindi tu credi in Dio?

- Purtroppo sì.

- Perché purtroppo?

- Perché preferirei non crederci. Un essere dotato di una media moralità non permetterebbe tutta questa sofferenza: come si può attribuirla ad un Dio giusto? Allora la giustizia, così come la intendiamo noi, non è una prerogativa di Dio. Chi dice che il dolore non è male, come gli Stoici, non risolve il problema, lo sposta soltanto: se non è male, perché a noi sembra male? E se quello che mi ha creato è il Dio malvagio, perché gli assomiglio così poco? Sarebbe tutto perfetto se funzionassi come lui. In effetti molti esseri umani funzionano così: fanno il male senza saperlo, senza neppure rendersene conto, alcuni anche volontariamente, e si sentono in pace con se stessi. Ma io no: io non voglio avere niente in comune con quel progettista sadico. Ma allora, se non mi ha creato Lui, se non sono parte della Natura, chi sono io, da dove vengo?

- La risposta a certe domande si trova solo nella fede, Emmanuel.

- E se fosse proprio la fede il suo inganno più raffinato? Farci credere che non possiamo capire, che dobbiamo credere per fede, quando invece la soluzione c'è, e magari è anche semplice.

- In che senso?

- È come quando non capisci un disegno e poi ti accorgi che lo stai solo guardando al contrario.

- Non ti seguo.

- Eppure è semplice: non avrebbe senso, da parte di Dio, dare all’uomo la ragione per poi impedirgli di usarla e costringerlo a credere per fede. Perciò c'è una sola spiegazione logica: quello che ci ha dato la ragione e quello che non vuole che la usiamo non è lo stesso Dio. Ti ricordi le parole del serpente a Adamo ed Eva? Se avessero mangiato il frutto proibito sarebbero diventati simili a Dio, ed è proprio per questo che Dio vuole impedirlo.

- E allora?

- Forse il serpente ha ragione. Forse non è lui il cattivo della storia, forse cerca di metterci in guardia contro gli inganni del falso Dio. Forse il Dio della materia non è il vero Dio, è qualcosa di simile al Demiurgo di Platone. Forse il falso Dio con i suoi comandamenti cerca solo di preservare il suo dominio sulla materia: per questo vuole la procreazione, per questo dice "onora il padre e la madre", quando sarebbe già troppo non odiarli.

Una sensazione di sdegno mi invade per le sue ultime parole.

- Emmanuel, ora basta! Parli come un eretico. 

Sorride amaramente.

- Forse ero un eretico in un'altra vita, chissà; forse don Luciano era l’inquisitore che mi ha bruciato vivo sul rogo, mentre tu eri tra la folla ad applaudire.

- Non dire idiozie. Don Luciano è un brav’uomo e io non avrei mai applaudito i roghi degli eretici: la violenza mi fa orrore. Il mio cristianesimo è quello di San Francesco, non dimenticarlo.

- Chi è che dimentica, tu o io? I francescani hanno prestato il loro braccio alla Santa Inquisizione.

- Hanno sbagliato: non hanno capito il messaggio di Francesco.

Mi mostra la campagna con un gesto circolare del braccio.

- E loro? Chi li salva?

- Francesco predicava agli uccelli, parlava ai lupi.

- Ma non ha mai detto che abbiano un'anima, giusto?

- No, che io sappia no.

- Arianna, dammi una ragione, una sola, per credere che la sofferenza abbia un senso: non chiedo di meglio che cambiare idea. Non dirmi che la vita è un banco di prova per l'aldilà, perché io parlo del male inutile: la sofferenza di un bambino, di un cane, di una lucertola, di una mosca. Dimmi a cosa serve. Dimmi cosa ha in mente questa intelligenza suprema per godere della sofferenza di un essere indifeso che lui stesso ha creato. Dimmi quale compenso è previsto per un bambino di strada usato per il prelievo degli organi, per un cane che annega in un canale, dimmi quale ricompensa ultraterrena attende un'aragosta bollita viva per diventare l'escremento di un essere umano, dimmi quale intelligenza può aver pianificato l'estinzione delle tigri per far rizzare il pene di un vecchio impotente, dimmi qual è la punizione prevista per un gatto nero crocifisso da un bastardo che afferma di agire in nome e per conto di Dio. 

Tace per qualche secondo e riprende fiato.

- E forse quel bastardo ha ragione, forse è lui lo strumento di quel Dio malvagio. Ma io no, io non gli permetto di usarmi. Se vuole portare a termine il suo piano criminale faccia pure, non posso fermarlo: basta che non usi me. Ma lui mi costringe a fare del male anche se non voglio, e questo è il più vile dei tradimenti. Non me ne frega un cazzo di capire cosa ha in mente quell'essere superiore: io so solo che non voglio essere suo complice.

Sento che ora ha passato il limite.

- Emmanuel, ora basta davvero: stai bestemmiando.

- Non sto affatto bestemmiando, Arianna. La mia è più simile a una preghiera che a una bestemmia. È strano che tu non lo capisca.

Si volta a prendere sul sedile posteriore un vecchio libro con la copertina logora proveniente dalla biblioteca di mio padre, che da qualche tempo porta sempre con sé; sfoglia le pagine alla ricerca di un brano, lo trova e me lo legge:

- Preferisco rimanere con le sofferenze non vendicate. Preferisco rimanere con le mie sofferenze non vendicate e nella mia indignazione insoddisfatta, anche se non dovessi avere ragione. Hanno fissato un prezzo troppo alto per l'armonia; non possiamo permetterci di pagare tanto per accedervi. Pertanto mi affretto a restituire il biglietto d'entrata. E se sono un uomo onesto, sono tenuto a farlo al più presto. E lo sto facendo. Non che non accetti Dio, gli sto solo restituendo, con la massima deferenza, il suo biglietto.

Appoggia il libro sulle ginocchia e mi guarda:

- Il genio che ha scritto queste parole era profondamente credente, eppure ha saputo scrivere la più sublime delle bestemmie. 

- Sì, ricordo quel brano.

- Arianna, io non cambierò il mio modo di essere per far piacere a una ragazza timorata di Dio che non si rende conto delle contraddizioni della sua fede. Non ti biasimo per questo, ma se non mi accetti come sono, sono pronto ad andarmene domani. Posso farcela, mi sento molto meglio.

- Scusami, non volevo offenderti; è solo che mi fa star male vederti così agitato.

Tace per qualche minuto.

- Ho cercato per tutta la vita di uscire dal gioco. Per tutta la vita. Solo adesso lo capisco.

- È per questo che…

Completa il mio pensiero:

- Che mi facevo? Sì, credo che fosse per questo, e anche per altro. Ma ora sto davvero meglio.

Lo guardo: i suoi occhi sono ingigantiti dalle occhiaie, è come se le sue iridi proiettassero un alone azzurro all'intorno.

- Chissà, forse sono già morto e non me ne ricordo più.

Gli stringo la mano.

- Ci sei, Emmanuel: sei qui, sei vivo, sei con me.

- Certe volte resto sveglio la notte e penso che dovrei essere sotto terra da un pezzo. Vedo perché tu mi presti i tuoi occhi, faccio l'amore attraverso il tuo corpo. Sono vivo solo per metà, forse anche meno, però è ancora bello.

Abbassa lo sguardo e mi accarezza la mano.

- Pensi che sia saggio per un eretico sposare il proprio inquisitore?

- In che senso?

 - Non subito, ovviamente, siamo troppo giovani.

- Per cosa?

- Hai ragione, questa chiesetta è bellissima. A una condizione però: cerimonia intima e niente velo bianco, intesi?

Ammutolisco per qualche secondo, poi lo avvinghio fra le braccia: mi sembra di impazzire di gioia. Sorride, ma mi pare che scricchioli un po'. Allento la presa per non rischiare di fargli fare la fine di Tròilo.

Devo conservarlo in buona salute fino al matrimonio, il mio fragile, tenero, problematico, adorabile, erotico fidanzato eretico. 

Dio, mi sembra tutto troppo bello per essere vero… Se questo è un sogno, per favore, non svegliatemi!