Emmanuel - The broken diary - Fourth Season

3.9.2. Gli amori dei Templari - Parte II (Sposami, Antonia)

February 12, 2024 Antonia Del Monaco Season 3 Episode 10
3.9.2. Gli amori dei Templari - Parte II (Sposami, Antonia)
Emmanuel - The broken diary - Fourth Season
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Emmanuel - The broken diary - Fourth Season
3.9.2. Gli amori dei Templari - Parte II (Sposami, Antonia)
Feb 12, 2024 Season 3 Episode 10
Antonia Del Monaco

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Emmanuel è solo in Toscana con Antonia per una breve vacanza di tre giorni. L'ultimo giorno prende il coraggio a quattro mani, la porta nella cattedrale a cielo aperto di San Galgano e qui mette in atto il piano che studiava da tempo. 
Il risultato lo vedrete da soli. 
Gli interpreti sono Paolo Malgioglio e Elisa Gandolfi. 
La colonna sonora è composta dai seguenti brani: "Around the World" e "Veridis Quo" dei Daft Punk (versione bardcore), "Passacaglia in Do minore" di J.S. Bach, "Lose Yourself" di Eminem (versione bardcore). 
... 
Emmanuel is alone in Tuscany with Antonia for a three-day holiday. On the last day he attempts a desperate game, takes her to the open-air cathedral of San Galgano and here he puts into action the plan that he had been studying for some time.
You will see the result for yourself.
The interpreters are Paolo Malgioglio and Elisa Gandolfi.
The soundtrack consists of the following songs: "Around the World" and "Veridis Quo" by Daft Punk (bardcore version), "Passacaglia in C minor" by J.S. Bach, "Lose Yourself" by Eminem (bardcore version).

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Emmanuel è solo in Toscana con Antonia per una breve vacanza di tre giorni. L'ultimo giorno prende il coraggio a quattro mani, la porta nella cattedrale a cielo aperto di San Galgano e qui mette in atto il piano che studiava da tempo. 
Il risultato lo vedrete da soli. 
Gli interpreti sono Paolo Malgioglio e Elisa Gandolfi. 
La colonna sonora è composta dai seguenti brani: "Around the World" e "Veridis Quo" dei Daft Punk (versione bardcore), "Passacaglia in Do minore" di J.S. Bach, "Lose Yourself" di Eminem (versione bardcore). 
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Emmanuel is alone in Tuscany with Antonia for a three-day holiday. On the last day he attempts a desperate game, takes her to the open-air cathedral of San Galgano and here he puts into action the plan that he had been studying for some time.
You will see the result for yourself.
The interpreters are Paolo Malgioglio and Elisa Gandolfi.
The soundtrack consists of the following songs: "Around the World" and "Veridis Quo" by Daft Punk (bardcore version), "Passacaglia in C minor" by J.S. Bach, "Lose Yourself" by Eminem (bardcore version).

Quello fu senza dubbio il giorno più importante della mia vita: ne ero consapevole fin dall’inizio. Lo descrivo al presente, dottore, perché la scena si svolga dal vivo sotto i tuoi occhi. Voglio che tu senta un po’ del male che fa.
La butto giù dal letto alle cinque del mattino: è molto assonnata e non vuole saperne di svegliarsi così presto; mi si stringe contro con un sospiro e cerca di trattenermi, ma io non voglio sprecare neppure un minuto di questa preziosa giornata e la costringo ad alzarsi facendole il solletico.
C’è, in quella zona, il maestoso rudere di una chiesa gotica che pare abbia ospitato i riti dei Templari: sorge in mezzo ai campi, svettando fra il giallo dei girasoli e il blu del cielo. Avevo letto la leggenda di quel luogo misterioso, molto simile a quella della spada nella roccia di re Artù: era stato l'arcangelo Michele a guidare il giovane e dissoluto cavaliere Galgano verso un prato delizioso, coperto di fiori bellissimi, che diffondevano un profumo meraviglioso. Qui egli si era convertito e qui, un anno dopo, si era recato per morire, a soli trentatré anni: e sguainata la spada, non essendo in grado di fare una croce dal legno, piantò subito la stessa spada in terra, come croce. Ed essa, per virtù divina, si saldò in modo tale che né lui né altri, con qualunque sforzo, fino ad ora la poterono mai estrarre. 
Sono le sei del mattino quando arriviamo fra quelle sublimi rovine: il sole sta sorgendo, non c’è nessuno; entrarci di nascosto è un gioco da ragazzi. 
Rimane incantata dallo spettacolo. La rivedo ancora in un indimenticabile controluce, i capelli dai riflessi color rame, il vestito bianco e rosso, immobile di fronte alla pallida ossatura della chiesa, mentre i girasoli, pudichi e concordi, voltavano il viso dalla parte opposta ed io, seduto in una bifora del chiostro diroccato, ringraziavo Dio di esistere.
La prendo per mano e la porto all’interno della chiesa. Ci aggiriamo in silenzio tra i possenti pilastri di pietra, le mura vertiginose, le arcate a sesto acuto. Pare che l'architetto abbia realizzato l'edificio seguendo il rapporto dell'ottava musicale detta scala diatonica naturale applicata alla geometria sacra della chiesa. Vaste zone del pavimento, ormai quasi scomparso, sono sostituite da chiazze d’erba; il tetto è completamente distrutto, travolto dal crollo del campanile dell’abbazia: sopra di noi, oltre lo scorcio dei muri di travertino, il cielo a perdita d’occhio. Ora comprendo perché Akhnathon avesse fatto eliminare tutti i tetti dei templi per lasciar entrare direttamente Dio.
Mi siedo in una nicchia che si apre lungo una delle navate laterali, sotto il rosone dal quale filtrano i primi raggi del sole, e la accolgo sulle mie ginocchia. La larga gonna si apre a ruota sull’erba. Il silenzio è irreale, rotto solo dal battito d’ala e dal sommesso tubare delle colombe che volano da una parete all’altra, raggiungendo i loro nidi nelle crepe dei muri. 
In alto, davanti a noi, un albero ha messo radici nella nuda pietra su cui un tempo poggiava il tetto: vive succhiando gli umori della polvere disciolti dalla pioggia e proietta la sua sagoma scura contro l'azzurro nitido del cielo; mi colpisce la sua forza, la sua fierezza, il suo evidente orgoglio di essere vivo.
Le prendo il viso fra le mani e la guardo negli occhi.
- Ora - le dico seriamente - se vuoi, possiamo farlo.
- Qui?
- Sì, qui.
Si guarda intorno: siamo soli. La gonna candida e scarlatta aperta su di noi non lascia intravedere nulla. Rimango seduto. Mi bacia con un trasporto incredibile. La interrompo con dolce fermezza:
- Non così.
- Perché?
- Non serve a niente tutto quello che abbiamo fatto, se commettiamo di nuovo lo stesso errore.
- Quale errore?
- Avidità, Antonia. Non sono un gelato o una fetta di torta. Guarda nei miei occhi: ci sono io, qui dentro.
Mi guarda, sembra comprendere, fa segno di sì con la testa.
- Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto riavere la mia verginità per potertela di nuovo regalare. Ora sono ritornato vergine: prendila di nuovo, Antonia.
Non so descrivere il suo sorriso. Intreccia le dita alle mie. Mi impadronisco del suo sguardo e non lo lascio più. 
Tutto avviene in assoluto silenzio.
Passano le nuvole fra le ultime stelle, passano i raggi del sole attraverso l'occhio della Rota, passa fra i campi il Cavaliere di Dio, mentre cavalca assorto gli appare l'Arcangelo Michele in luce abbagliante, il cavallo s'impenna e lo disarciona, passano nella navata centra-le i cavalieri del Tempio con i loro tre condottieri, mantello bianco croce rossa Hugues de Payns, mantello bianco croce nera patente Hermann Von Salza, mantello nero croce bianca Raymond du Puy de Provence, i cavalieri attraversano i muri come nella Firma in bianco di Magritte, scompaiono inghiottiti dai pilastri cruciformi, i poveri commilitoni di Cristo legano i cavalli all’ombra dei cipressi, li strigliano con cura, rammendano gli strappi dei lo-ro mantelli.
Se non sono a cavallo o non vi sono ordini particolari, dopo aver lasciato la cappella, i fratelli devono occuparsi dell’equipaggiamento e dell’armatura, riparando o facendo riparare quanto necessita di essere riparato.
Appoggiano gli scudi alle colonne, si fanno il segno della croce, intonano un canto che attraversa tutti i rapporti della scala diatonica naturale e si sublima in pietra mistica.
Suscipe quesumus Domine hunc famulum tuum ad te procella huius seculi laqueisque diaboli fugientem, ut ad te susceptus et instanti seculo salvatum, et in futuro seculo se gaudeat a te feliciter muneratum . 
Si abbracciano nell’ombra fra gli archi a sesto acuto, il Cacciatore attraversa il tetto con Betelgeuse e Rigel, il cane torrido insegue latrando la volpe inafferrabile, vomita fiamme, essicca le teste, spacca i campi.
Hanno confessato fatti orribili e vergognosi, sodomia, osculum infame, adorazione del Bafometto, hanno confessato di aver negato Cristo e di aver sputato sulla croce.
Il cielo è saturo di elettricità: il soffitto si squarcia sopra di noi, scocca un fulmine, le volte crollano con tremendo rimbombo, un globo di fuoco attraversa l'altare con una crepa a zig-zag, spacca il tabernacolo, il calice si rovescia, le ostie consacrate volteggiano nell’aria, si depositano fluttuando sulla nuda terra.
Pertanto con amarezza e dolore, noi, con l'approvazione del santo concilio, sopprimiamo l'ordine dei Templari, la sua regola, il suo abito e il suo nome, con decreto assoluto, perenne, proibendolo per sempre.
Passa la tempesta sui resti del tempio, passa la pioggia a spegnere l’incendio, passano i corvi di Van Gogh sul giallo dei girasoli, lasciano cadere dal becco un seme, e mentre tra le pietre nude germoglia il primo esile stelo, io avverto una specie di sisma dell’anima irradiarsi da me verso di lei attraversando tutto il suo corpo. È presa da un tremito incontrollabile, le manca il respiro, per un attimo credo che stia per morire: vedo le sue pupille dilatarsi, il suo sguardo sciogliersi, velarsi, spegnersi; perdo la coscienza nei suoi occhi e sono soltanto linfa, fresca giovane linfa che inonda le radici, il tronco, la chioma inaridita dell’albero, e gli ridona la vita.
Quando ritorno in me mi accorgo che abbiamo trascorso più di un’ora in quello stato di trance: sono quasi le otto. Mi sento completamente svuotato e lei mi guarda smarrita, respirando a fatica.
- Cosa mi hai fatto?
Le rispondo con un sorriso:
- Credo che abbiamo fatto l’amore, Antonia.
- È una cosa tremenda.
- È una cosa sacra - la correggo.
Scivola a sedere accanto a me, nell’erba. Trema, sembra sconvolta.
Mi inginocchio di fronte a lei.
- Devo dirti una cosa importante.
- Non voglio sentirla.
Le alzo il viso e la costringo a guardarmi negli occhi.
- Devi sentirla.
Respira profondamente e si rassegna ad ascoltarmi.
- Sono passato attraverso l’inferno prima di capire il senso di tutto questo. Ho cercato le ri-sposte più banali e quelle più assurde, sono diventato la scimmia di me stesso. Ma alla fine ho capito.
- Cosa? - chiede con un filo di voce.
- Che non è impossibile. È così breve la vita rispetto al tempo infinito. L’anima non ha età. Siamo anime di bambini, Antonia: è questa la risposta che cercavo.
È sul punto di piangere.
- So cosa pensi - continuo - Ci sono limiti biologici per una donna, esigenze sociali. Ma ho quasi diciannove anni, fra poco sarò un uomo: posso lavorare, so darmi da fare se voglio. 
Non risponde.
- Mettiamoci in salvo, Antonia: possiamo farcela solo insieme, noi due. 
Chiude gli occhi.
- Guardami - le dico.
Riapre gli occhi con un’espressione di profonda sofferenza.
- Era solo questione di aspettare che io crescessi: ora sono cresciuto. Grazie di avermi aspettato per tutto questo tempo.
Resta a guardarmi interdetta, come se non capisse.
- Ti sto chiedendo di sposarmi, Antonia. 
Tace, con lo sguardo sbarrato.
- Sposami, Antonia: sposa me.
Per un attimo rimane a fissarmi in silenzio, tramortita. Poi si alza di scatto come morsa da un serpente, scrollando via da sé qualcosa di invisibile, il mio contatto forse, si stringe le braccia con le mani, scuote la testa, vuole parlare ma non ci riesce, dice soltanto no. Infine mi guarda, piegata su se stessa, contratta da una specie di dolore allo stomaco, gli occhi iniettati di sangue:
- Io non credevo, - dice con voce bassa e tremante - davvero non credevo.
- Cosa? - le chiedo sbigottito.
- Che tu potessi essere così cattivo, così maledettamente cattivo. Ma perché? Cosa ti ho fatto? Sono stata tutto quello che hai voluto, madre sorella amica puttana suora, ma non ti basta, no: tu vuoi sperimentare fino in fondo il tuo potere, vuoi sommergermi nel ridicolo, vuoi distruggermi. Tu mi vuoi morta, morta!
Mi alzo e faccio per avvicinarmi a lei, ma ha una reazione violentissima: mi respinge da sé urlando non toccarmi. Corre via singhiozzando e gridando ti odio. La vedo allontanarsi come in sogno in una fuga di archi a sesto acuto. Le mie gambe non obbediscono all'impulso di inseguirla, si piegano. Cado a sedere su un blocco di pietra. 
L’uomo ha trasgredito la legge divina: scopra quindi nelle sue membra un’altra legge che si rifiuta di ubbidire alla legge della sua volontà e che lo imprigiona nella legge della caduta.
Non so per quanto tempo rimango così, incapace di comprendere dove ho sbagliato. Poi il silenzio che mi circonda mi dà una tremenda fitta al cervello: mi riscuoto come da un incantesimo, mi alzo e corro fuori a perdifiato con un orribile presentimento.
Lei non c'è. 
Non riesco a chiamarla, la mia voce si rifiuta di uscire.
Una macchina si allontana: comprendo all'improvviso che ha chiesto un passaggio.
Corro all'automobile, che ho parcheggiato troppo distante, e mi lancio in un inseguimento disperato. Ma ho accumulato un imperdonabile ritardo e sono completamente fuori di me, non ricordo più niente, vedo a malapena dove vado. Sbaglio strada, mi perdo in un dedalo di strade sterrate fra boschi di querce, lecci e castagni. Improvvisamente vengo travolto dall’analogia atroce: tutto finisce com’è incominciato.
Fermo la macchina davanti a un muro diroccato. I miei nervi cedono, piango disperata-mente con il viso nel sedile accanto a quello di guida. Poi mi rialzo, mi sforzo di trovare un po' di lucidità, cerco di concentrarmi: per più di mezz'ora rimango immobile a fissare il percorso di un minuscolo ragnetto rosso tra i mattoni sconnessi, dipanando i miei pensieri lungo le geometrie essenziali dei suoi andirivieni. Ricordo all'improvviso di avere una cartina stradale nel vano del cruscotto: riesco finalmente ad orizzontarmi, raggiungo la strada principale, ingrano la quinta e corro all’impazzata. All'uscita di una galleria sono costretto ad inchiodare per non tamponare l’ultima automobile di un corteo nuziale che procede nella mia stessa direzione strombazzando in modo assordante. Provo un moto di odio per quegli imbecilli che mi stanno infilando un palo rovente nelle budella, suono a mia volta, chiedo strada, non mi danno retta, sterzo bruscamente e li supero rischiando un frontale. Mi mandano al diavolo, gli mostro il dito medio dal finestrino, spero che divorzino presto, spero che crepino. Mi tuffo nel buio del tunnel ai centottanta all’ora.
Quando finalmente arrivo all’albergo mi precipito in camera salendo gli scalini tre alla volta. Trovo l’armadio aperto: tutte le sue cose sono scomparse insieme alla sua valigia. Ha dimenticato solo lo spazzolino, che si appoggia mestamente al mio nel bicchiere sulla mensola del bagno.
Crollo sul letto e non sento più nulla.