Emmanuel - The broken diary - Quinta e ultima stagione - Fifth and Final Season

5.1. Reptilia I: Emmanuel diventa padre (...ma non lo sa!)

Antonia Del Monaco Season 5 Episode 1

E' un giorno importante questo, nella vita di Emmanuel: sta diventando padre, ma non lo sa, perché l'accordo stretto tra Arianna e Antonia (vedi "Certe strane alleanze") lo tiene all'oscuro della cosa.
Perciò, mentre Antonia dà alla luce suo figlio, il ragazzo, ignaro di tutto e lontano da casa, si reca a fare una gita con Arianna in una zona dell'Aretino. Tuttavia, mentre i due sono soli in aperta campagna, qualcosa turba Emmanuel, che si sente a disagio.
Arianna ne ricava il pretesto per una scenata in cui rinfaccia al ragazzo la sua incapacità di vivere il sesso in modo completo e appagante.
Gli interpreti sono Elisa Gandolfi e Paolo Malgioglio.
La colonna sonora comprende cover o versioni strumentali di "Reptilia" degli Strokes, "No Queen Blues" dei Sonic Youth, "Wuthering Heights" di Kate Bush e "Veridis Quo" dei Daft Punk.
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This is an important day in Emmanuel's life: he is becoming a father, but he doesn't know it, because the agreement made between Arianna and Antonia (see "Certe strane alleanze") keeps him in the dark about it.
Therefore, while Antonia gives birth to his son, the boy, unaware of everything and far from home, goes on a trip with Arianna to an area of ​​Arezzo. However, while the two are alone in the open countryside, something disturbs Emmanuel, who feels uncomfortable.
Arianna uses this as an excuse for a scene in which she reproaches the boy for his inability to experience sex in a complete and satisfying way.
The performers are Elisa Gandolfi and Paolo Malgioglio.
The soundtrack includes covers or instrumental versions of "Reptilia" by The Strokes, "No Queen Blues" by Sonic Youth, "Wuthering Heights" by Kate Bush and "Veridis Quo" by Daft Punk.

Dintorni di Torino, 29 marzo 1997.

 - Resisti, sorellina: siamo quasi arrivati.

- Non dipende da me.

- Stai molto male?

- Sta nascendo.

- Oh no, non in aperta campagna, per favore. E soprattutto non sul sedile del Carrera: il guscio del sedile ha una superficie in carbonio a vista ed è realizzato in materiale sintetico rinforzato con fibra di vetro e carbonio. Il rivestimento è in pelle in colore nero con fascia centrale in Alcantara traforata e...

- Ferma questa cazzo di macchina, Freddy.

(Pieve Santo Stefano, 29 marzo 1997)

- Hai visto come mi hanno guardata quei due?

- Ho visto.

- E non sei geloso?

- No: è normale, hai delle belle gambe e le metti in mostra. Se non vuoi che te le guardino, mettiti i pantaloni.

Avvia il motore e si concentra sulla guida. Da quando ha smesso di avere paura della luce ci divertiamo spesso a fare delle gite nei dintorni; per sua precisa scelta non programmiamo nulla, lasciamo che sia il caso ad offrirci sempre nuove sorprese: Emmanuel ha l’animo di uno zingaro. Del resto la Toscana è uno scrigno di tesori nascosti, non rimaniamo mai delusi. La sua risposta però mi ha indispettita.

- Non ti ho chiesto se è normale, e non ti ho nemmeno chiesto consigli sul mio abbigliamento. Ti ho solo chiesto se sei geloso.

Lascia passare qualche secondo prima di rispondere.

- No, non lo sono.

- Strano. Uno dei due era un po' grassottello, ma l'altro, quello bruno, non era niente male.

- Boh, può darsi. Non ci ho fatto caso.

- Ma io sì.

- Comunque, anche se fosse stato Apollo in persona, la gelosia non ha senso.

Questa volta sono io a rimanere in silenzio per qualche secondo.

- Sei sicuro di volermi bene, Emmanuel?

- Che c'entra il voler bene? La questione è molto semplice: o sei felice con me o non lo sei. Se sei felice non senti il bisogno di andare con un altro uomo, e quindi non ha senso essere gelosi; se non sei felice è giusto che io lasci il posto a qualcuno che sia in grado di renderti felice. In entrambi i casi, come vedi, la gelosia non ha senso.

Sdegnata da questo piccolo saggio di retorica, sbotto: 

- Uno ti fa una domanda diretta e tu rispondi con questi sofismi del cavolo! Sei detestabile. 

- Se per una volta dici cazzo non è che ti casca la lingua, eh.

- Non mi piace il linguaggio volgare.

- Non è volgare, ormai è entrato nell'uso comune.

- Non m'interessa. Anzi, guarda, mi dà fastidio che lo usi anche tu: se uno si abitua a parlare in un certo modo, finirà per pensare in quel certo modo e per essere in quel certo modo.

- Sì, lo so, si chiama determinismo linguistico di Sapir-Whorf: la tesi secondo cui pensiero e linguaggio sono interrelati e il secondo influenza il primo.

- Ecco, e io la penso esattamente così.

- Dovresti avere notato che con te mi astengo dal turpiloquio.

- Ma con gli altri continui a usare le parolacce.

- Sei fantastica, sai? "Le parolacce, la fanciulla, chiedo scusa della franchezza". Credevo che al mondo non ci fosse più nessuno che si esprimesse così.

- Sono toscana, mi sarà lecito esprimermi con una certa proprietà.

- "Mi sarà lecito".

- Oh, basta! E non cambiare argomento, per favore: si stava parlando della gelosia.

- Dove vuoi arrivare?

- Lo sai benissimo. Di lei eri geloso?

- Lei chi?

- Antonia, chi altro?

- Sì, lo ero.

- Appunto. E cosa ne deduci?

- Che ero un idiota.

- Come tutti gli innamorati, Emmanuel.

Non risponde: sa di essersi messo con le spalle al muro. Vorrei arrabbiarmi di più, ma non ci riesco: trovo miracoloso che sia tornato vivace e polemico e non voglio rischiare di rovinare questa specie di rinascita. È ridiventato loquace, ha recuperato brio e spirito; comincio a intravedere la sua vera personalità al di sotto della maschera di maledettismo che la depressione gli aveva imposto, ed è una personalità piuttosto divertente: doveva essere un ragazzo molto simpatico, quando stava bene. Taccio diplomaticamente per qualche secondo, poi aggiungo una piccola provocazione:

- Bene, se non altro ora so che mi perdoneresti un tradimento.

- Chi, io? Ma figurati. Io non perdono mai i tradimenti.

- Magari i suoi tradimenti.

- Nessun tradimento.

- Ma se hai appena detto che non sei geloso di me!

- Che c'entra la gelosia? È una questione di patti. 

- Spiegati meglio.

- Ti faccio un esempio: supponiamo che il nostro accordo preveda un rapporto aperto.

- Aperto in che senso?

- Hai presente quel tipo di coppia, diciamo così, di larghe vedute, che non si sente tenuta alla fedeltà reciproca? Sai, quelle persone che si organizzano per triangoli e scambi di partner. Ce ne sono parecchie in giro.

- Non se ne parla nemmeno, Emmanuel.

- È solo un esempio. Non piacciono neppure a me quelle cose, le trovo disgustose e volgari. 

- Meno male, se no ti avrei detto di scaricarmi qui, a costo di tornare a casa con l’autostop.

- Supponiamo, dicevo, che l'accordo sia questo. Bene, a quel punto so a cosa vado incontro e se l'offerta non mi piace la declino; se la accetto, però, me ne assumo tutta la responsabilità e non ho il diritto di considerarlo un tradimento. Ma se il rapporto prevede la fedeltà reciproca e poi uno mi pugnala alle spalle, allora non lo perdono, perché ha tradito il patto e la mia fiducia. Questo non c'entra niente né con il sesso né con la gelosia.

- Detto così sembra un po’ la parodia di Catullo: foedus e fides.

- Sono cose che penso da sempre, da prima di Catullo. E bada bene: non parlo solo dei tradimenti fisici, ma di qualsiasi tradimento: ci sono tradimenti peggiori di quelli sessuali.

- Sarà, ma io potrei uccidere per un tradimento sessuale.

- Davvero?

- Davvero, Emmanuel. E senza troppi rimorsi.

Non risponde: lascia cadere il discorso. Mi sta opponendo un muro di gomma, come se non avesse capito che l’argomento non era generico, ma specifico: i suoi trascorsi con Antonia. È evidente che non ha nessuna intenzione di parlarne. Cambio argomento.

- Mi porteresti a Caprese? E poi magari saliamo fino alla Verna a fare un saluto a Francesco.

Getta uno sguardo alle mie gambe.

- Avrai freddo lassù, sei poco vestita.

- Ho portato il golfino.

- Non basta: siamo solo a marzo.

- Quasi aprile. 

- È a millecento metri di altitudine, Arianna.

- Come fai a conoscere così bene la Toscana?

- È una regione che ho amato molto.

- Perché usi il passato?

- Ho usato il passato?

- Il passato prossimo, per l'esattezza.

- Non me ne sono accorto. Se me ne fossi accorto avrei usato il passato remoto.

Ho toccato un tasto dolente: chissà se saprò mai quali esperienze ha vissuto in Toscana. Lascia nuovamente cadere il discorso.

La strada s'inerpica su per la collina attraversando paesaggi da favola; la bellezza della giornata, i profumi dell'aria, la magia dei luoghi, la vicinanza di Emmanuel mi stordiscono. Mi viene un po' di nausea, perché lui sta guidando stranamente a zig-zag. Lo prego di smettere: mi chiede scusa e si rimette a guidare in modo normale. 

- Scusa, - gli dico - puoi abbassare il volume? Mi stai rintronando.

- Piuttosto spengo lo stereo.

- Non ho detto di spegnerlo, ho solo detto di abbassare il volume.

- Arianna, questa non è musica che si possa ascoltare a basso volume. Comunque ok, lo abbasso.

- Vorrei sapere perché questo gruppo debba sempre infilare nelle canzoni delle parti di rumore: sono insopportabili.

- Si chiama noise, fa parte integrante del loro stile.

- Chiamalo come vuoi, sempre rumore resta.

- Io invece vorrei sapere perché, ogni volta che tento di farti ascoltare qualcosa di decente, mi dici di abbassare il volume.

- Qualcosa di decente?

- Ok, lo spengo.

- No, dai.

Spegne lo stereo e smette di parlare. Mi rendo conto di avere toccato un altro tasto dolente. Allungo la mano sulla sua destra che regge il volante.

- Non sono un'intenditrice di musica, Emmanuel, te l'ho sempre detto.

Dopo qualche secondo riaccende lo stereo e mette un cd.

Out on the winding, windy moors

We'd roll and fall in green.

You had a temper like my jealousy:

Too hot, too greedy...

Il cuore mi dà un balzo di gioia:

- Cime tempestose! - esclamo.

- Sì.

- Grazie, è bellissima.

Canticchia sottovoce la canzone: è intonatissimo, anche se si tratta di un brano quasi impossibile da cantare per un uomo, e la sa tutta a memoria. Appoggio la nuca sul poggiatesta, deliziata da quell'ascolto, e chiudo gli occhi. Quando li riapro siamo in aperta campagna e stiamo costeggiando una pieve abbandonata. Un'idea improvvisa mi attraversa la mente.

- Puoi svoltare di qua, per piacere? Vorrei visitare quella chiesetta.

Obbedisce. Scendiamo lungo la stradina sterrata e parcheggiamo la Volvo del babbo accanto a una macchia di lecci.

Il portone è chiuso e non c'è anima viva. Facciamo il giro della pieve, splendida nella sua nudità francescana, camminando fra cespugli e roveti; procedo con cautela, impacciata dai tacchi alti, cercando di non graffiarmi le gambe. Ci fermiamo sul retro della chiesa, nascosti dalla cinta diroccata delle mura di quello che dev’essere stato un piccolo convento. Il luogo è incredibilmente suggestivo: la vallata davanti a noi, pressoché disabitata, digrada verso le colline che si perdono all'orizzonte fra le nebbie azzurrognole che si vedono nei quadri di Leonardo. C’è un prato verdissimo, con la prima erba primaverile tagliata di recente che emana un intenso profumo. È la cornice perfetta per fare l'amore con lui: gli circondo il collo con le braccia e lascio che mi baci; mi sfilo il golfino, mi ci siedo sopra e lo trascino giù nell'erba. 

All'improvviso ha uno sbandamento: la fronte gli s'imperla di sudore e si passa una mano sugli occhi.

- Che c'è, Emmanuel?

- Dobbiamo... dobbiamo proprio farlo qui?

- Perché, non ti piace questo posto?

- No, è solo che tutte queste chiese cominciano a darmi un po' in testa.

- Tutte queste chiese?

Scuote la testa e non risponde: comprendo che è un altro dei suoi segreti. Ricomincia a baciarmi; mi accarezza, indugiando sulle mie cosce e sul mio seno, ma quelle carezze tiepide e tecnicamente ineccepibili, anziché eccitarmi, mi infastidiscono; una sensazione di disagio comincia a montare in me fino a diventare insopportabile, come una bottiglia di champagne alla quale stia per saltare il tappo. Lo interrompo di colpo e mi metto a sedere.

- Scusami. Dobbiamo parlare.

- Ma che succede?

Mi ricompongo ed incrocio le braccia, fissando un punto davanti a me.

- Dove sei, Emmanuel?

- Dove sono in che senso? Sono qui.

- No, non ci sei. Dove sono le telecamere?

- Ma cosa stai dicendo?

- Stai recitando la scena di un film, come se ci fossero delle telecamere nascoste da qualche parte.

Apre la bocca e la richiude senza dire niente. Già questo è una conferma. Proseguo implacabile:

- Sei ancora con lei quando fai l’amore con me?

Non risponde.

- Rispondi!

Dopo un attimo di silenzio mi parla con un tono di voce serio e sommesso.

- Arianna, io ho perso metà della mia anima. Non è con lei, non è con te, non so dove sia. Faccio quello che posso.

- Dimmi la verità: con lei era diverso?

- Sì. Era diverso.

La sua risposta, anche se ampiamente prevista, è una coltellata nello stomaco. Mi viene da piangere. Lui mi accarezza una caviglia e, incredibilmente, tenta di cambiare argomento.

- Questi sandali ti stanno benissimo, sono molto femminili.

Allontano bruscamente la sua mano.

- Ma mi prendi per scema? Credi che basti un complimento qualsiasi per farmi dimenticare quello che mi hai appena detto?

- Arianna, - prosegue esitando - io sono contento di quello che sta succedendo: quasi non mi sembra vero...

- Io non sono una seconda scelta per nessuno, Emmanuel: cerca di mettertelo bene in testa.

- Scusami, non credevo di offenderti.

- Non mi hai offesa, mi hai semplicemente detto la verità, cioè che fare sesso con me è mediocre. Del resto lo vedo da me che è mediocre, non ho esperienza ma non sono cretina.

- Non ho mai detto che sia mediocre: ho solo detto che con lei era diverso, e solo perché me lo hai chiesto tu. Io non ho nulla di cui lamentarmi, a me sta bene così.

- E non hai mai pensato che potrebbe non star bene a me?

- Arianna, sul serio, fammi capire cosa vorresti: ci proverò, farò del mio meglio.

- È semplice: voglio che con me sia come con lei.

Scuote la testa abbassando lo sguardo.

- Questo non è possibile.

- Perché? 

Non riesce a rispondermi: l’ho messo in condizione di non poter essere sincero. Conosco già la risposta: perché la amavo. Apprezzo la sua prudenza, fa bene a non rispondermi: non potrei sopportare di sentirmelo dire in faccia, non so proprio come reagirei dopo tutti gli sforzi che ho fatto per farlo uscire da quel tunnel. Però devo capire, devo capire a tutti i costi.

- Lasciamo perdere il lato sentimentale e parliamo di quello fisico. Sono io che non ti eccito? 

- No, no: mi ecciti eccome.

- Allora dipendeva da lei? Era più calda, che ne so, più sensuale? 

- Era decisamente molto calda, almeno con me.

- Provava sensazioni fisiche che io non provo? Perché io non è che provo gran che, eh: te ne sarai accorto. E non cominciare a dire stupidaggini tipo che non sei un superdotato, non è quello il punto e lo sai benissimo: da quel punto di vista sei esattamente lo stesso che eri con lei. Allora perché lei provava quelle sensazioni e io no?

La sua risposta è indiretta.

- Non è un bene provare certe sensazioni, specie alla tua età. A nessuna età, a dire il vero.

- Emmanuel, parliamoci chiaro: in una scala da uno a dieci il nostro livello di sesso è tre, non di più. Anche per te, non solo per me. Quando fai l’amore con me al massimo sospiri: ti sembra normale per un ragazzo della tua età? Guarda che qualche film erotico l'ho visto anch'io, la capisco la differenza. Mi fai sentire in imbarazzo, raffreddi anche me. Non è che io pretenda urla, graffi e morsi da scimmione in calore, ma nemmeno una cosa da coniugi ultrasessantenni, se permetti. Io non mi accontento, Emmanuel. Se non si accontentava lei, perché dovrei farlo io? Perché dai per scontato che io debba accontentarmi di un sesso da andropausa?

Esita, continuando a fissare l'erba con le braccia appoggiate sulle ginocchia piegate.

- Non c'è stata solo lei, Arianna: ci sono state altre donne. E anche...

- Altre donne? E lo scopro solo ora? E anche cosa?

- Anche dei...

Prima che possa completare la frase mi tappo le orecchie con le mani. Mi rendo improvvisamente conto che non voglio affatto che sia sincero. Non voglio sentire, non voglio sapere, ci sono cose troppo tremende nel suo passato. Mia madre ha ragione: lui è troppo per me, devo smettere, devo trovare il coraggio di lasciarlo; non c'è bisogno di stare con lui per aiutarlo, posso farlo da amica. Se continuo così dovrò escluderlo completamente dalla mia vita, e io non voglio arrivare a questo: ha ancora bisogno di me. 

Mi fissa senza capire. Cerco di recuperare un po’ di equilibrio, gli parlo con tono tranquillo e conciliante.

- Lasciamo perdere, Emmanuel, sul serio. Senza rancore. Siamo troppo diversi. Cerchiamo di essere buoni amici, me ne farò una ragione.

Mi guarda costernato, arreso, con l'espressione di chi ha rinunciato a combattere e si consegna al nemico. 

- Arianna, non ha più nessuna importanza quel che c'è stato prima: è tutto finito, morto, sepolto.

Tenta di accarezzarmi una spalla: il suo gesto mi urta profondamente, come se la sua mano scottasse. 

- Non toccarmi. 

- Ma perché? Perché non vuoi più stare con me? Cosa ti ho fatto adesso?

Niente, non capisce proprio. Nonostante le mie buone intenzioni, l'emotività riprende il sopravvento: gli parlo con tono acido e risentito.

- Perché rivendico il mio diritto di essere minorata, deficiente, frigida, senza doverne rendere conto a nessuno.

- Ma che stai dicendo?

Vuoto il sacco.

- Sei di un maschilismo rivoltante, Emmanuel, e nemmeno te ne rendi conto. Nel tuo immaginario io sono la ragazzina perbene che riscatta il tuo passato torbido e peccaminoso, la fanciulla casta e pura che si deve accontentare del sesso convenzionale. Non t'importa niente di sapere chi sono io in realtà, cosa voglio. Che ne sai? Magari vorrei essere una di quelle donne, o quegli uomini, che ti dicevano porcherie all’orecchio mentre facevi sesso con loro e ti eccitavano tanto. Magari lo sarò un giorno, con qualcun altro. Sono una bella ragazza, caso mai non te ne fossi accorto, e non mi manca nulla per piacere ad un uomo: prima o poi incontrerò qualcuno che perderà la testa per me e mi dirà parole spinte mentre scopiamo invece di starsene lì a guardarmi come un baccalà, e mi farà scoprire il sesso vero. Non ci sei solo tu al mondo, Emmanuel.

Balbetta:

- Arianna, non capisco. Mi spaventi. Scusami, non so dove ho sbagliato, non so cosa succede, non so di cosa parli. Io sbaglio sempre e non capisco come, mi precipita sempre tutto addosso di colpo. Tu sei tutto quello che ho adesso, non voglio perdere anche te.

Mi volto a guardarlo: due profondi solchi di preoccupazione gli si sono scavati sulla fronte. Malgrado tutto, una fitta di pena mi attraversa il cuore: mi rendo conto che sta cercando di evitare tutto quello che potrebbe risultare collegabile con il sesso, in una forma di anoressia indiretta dalla quale non riesce a guarire. Il suo abbigliamento è umile e dimesso: indossa una maglietta girocollo verde militare a maniche lunghe sui jeans troppo larghi, quasi informi, che nascondono la linea dei suoi fianchi, ai piedi calza delle vecchie scarpe da ginnastica logore da cui sbucano i calzini bianchi: non gli si vede un centimetro di pelle. Eppure Emmanuel è tanto più attraente quanto più si sforza di apparire casto, i suoi capelli biondi angelici sfiorano il verde spento della maglietta e lo illuminano, le sue mani forti e lunghe da sportivo emergono dalle maniche, intrecciate sulle ginocchia in un gesto inconscio di preghiera. Sento che le mie difese cedono.

- Emmanuel, - gli chiedo con gentilezza - perché pensi che per me debba essere diverso?

- Credo che sia perché sei una ragazzina, Arianna. Sei l'unica ragazza più giovane di me con cui io sia mai stato.

- Non sono affatto una ragazzina. Ho diciotto anni compiuti, sono una donna adulta.

- Hai ragione: sono io che ti vedo così.

Non osa più toccarmi, impaurito dalle mie reazioni: dovrò essere io a prendere l’iniziativa, se voglio che accada qualcosa. E voglio. Mi distendo nell'erba.

- Emmanuel, ora ti dico una cosa: voglio sapere tutto quello che c’è da sapere sul sesso e voglio impararlo da te.

- No, ma guarda che io...

- Non trovare scuse: lo so che la sai lunga sul sesso, anche se fai finta di non ricordartene. Ora facciamo un ripassino, eh? Magari non tutto in una volta. Avrai tutto il tempo di ripetere la lezione.

Allungo una mano e lo tiro giù per i capelli.